Lo sciopero che, salvo cambiamenti dell’ultima ora, sarà indetto il prossimo fine settimana dall’Associazione nazionale magistrati contro il ministro della Giustizia Carlo Nordio è sicuramente il più surreale nella secolare storia dell’associazionismo giudiziario. Non si era mai visto, infatti, uno sciopero indetto a seguito di “indiscrezioni” su riforme di legge o su opinioni del ministro riportate dai giornali. Eppure è quanto ha annunciato ieri il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia in una lunga intervista a Repubblica dal titolo: “Esecutivo illiberale, toghe contro Nordio pronte allo sciopero”.

“Tra le tante indiscrezioni, noi non abbiamo ancora capito in che direzione andrà Nordio. In particolare sulle intercettazioni”, esordisce Santalucia. Sull’abolizione dell’abuso d’ufficio, ad esempio, “è del tutto irragionevole”. “Mi pare impossibile – aggiunge severo – che il diritto penale possa disinteressarsi del pubblico ufficiale che sfrutta il suo ruolo a fini personali”. “La situazione ci pare particolarmente grave”, sottolinea allora il presidente dell’Anm. Si da il caso, però, che ad otto mesi dal suo insediamento il governo in tema di giustizia non abbia fatto praticamente nulla, limitandosi al decreto rave, a posticipare delle norme previste dalla Riforma Cartabia, ad alcuni interventi sul carcere.

Ciò che il ministro ed i suoi collaboratori hanno fatto sono tanti annunci di riforme, precisando comunque che quelle più ‘importanti’ e che i cittadini si aspettano, vedasi la separazione delle carriere fra pm e giudici, verranno realizzate “più avanti”.
Non essendo ad oggi stato depositato alcun progetto di legge in Parlamento da parte del governo, inizialmente si era parlato di gennaio, poi aprile, quindi maggio, ora fine giugno, non può non venire il sospetto che lo sciopero che il presidente dell’Anm vuole indire abbia altre finalità. L’Anm, attualmente a trazione progressista, a partire proprio dal suo presidente, non fa mistero di non condividere le scelte ‘organizzative’ di Nordio.

Fino all’arrivo dell’ex pm di Venezia a via Arenula, il Ministero della giustizia era saldamente presidiato dalle toghe di sinistra. Una ‘tradizione’ risalente nel tempo e che vedeva esponenti di punta di Magistratura democratica ricoprire tutti gli incarichi più importanti, da quello di capo di gabinetto del ministro, al capo del legislativo, al capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Arrivato Nordio, con un rapido spoil system, sono stati mandati a casa nei mesi scorsi tutti i magistrati di sinistra, sostituiti con colleghi moderati o di destra. Il diverso orientamento culturale potrebbe, quindi, aver scatenato la reazione dell’Anm.

Analoghe barricate si stanno preparando alla Corte Costituzionale, ora saldamente presidiata da giudici che certamente non si possono definire di simpatie meloniane e che il Parlamento ha in mente di avvicendare. L’unica toga non di destra nominata da Nordio è il giudice di Vicenza Gaetano Campo, candidato non eletto alle ultime elezioni per il rinnovo del Consiglio superiore della magistratura in quota Md. Campo, potente capo Dipartimento per l’organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi, non sarebbe comunque andato ‘fuori ruolo’ al Ministero per la corrente bensì grazie al suo ex presidente di Tribunale, Alberto Rizzo, attuale capo di gabinetto di Nordio e toga moderata. Fra i magistrati più ascoltati dal Guardasigilli vi è, poi, Giusi Bartolozzi, vice capo di gabinetto.

Ex di Unicost, la corrente centrista dell’ex ras delle nomine Luca Palamara, radiato con ignominia dalla magistratura, Bartolozzi gestisce i dossier più delicati del Ministero. Ci sarebbe lei dietro l’iniziativa disciplinare avviata nei confronti dei giudici milanesi che hanno messo ai domiciliari l’oligarga Artemen Uss, poi evaso. Un attivismo, il suo, che sta dando molto fastidio ai colleghi i quali ricordano bene cosa diceva nella scorsa legislatura, dopo essere stata eletta a Montecitorio con Forza Italia, prima di uscire dal gruppo in rotta con i vertici, in materia di giustizia, dichiarandosi a favore della separazione delle carriere, contro il blocco della prescrizione, contro l’inasprimento dei reati contro la pa.

Praticamente l’esatto contrario di ciò che vuole l’Anm. Considerato, dunque, il clima incandescente che regna a via Arenula, è comprensibile il ‘distacco’ di Giorgia Meloni in questi mesi sulla giustizia. Prima o poi, infatti, la situazione è destinata ad esplodere ed è meglio non essere travolti.