Parla il presidente della Corte d’appello di Napoli
Lo sfogo di De Carolis: “La politica ha ignorato i nostri appelli su organici e processi”

«Ogni volta che si fa una riforma bisognerebbe mettersi nell’ottica di Renzo e Lucia e chiedersi se la riforma renderà più facile a Renzo e Lucia ottenere giustizia da don Rodrigo o lo renderà più difficile», afferma De Carolis. «A me, come cittadino e come giudice – aggiunge il presidente della Corte d’appello – interessa che Renzo e Lucia riescano a ottenere giustizia. Tutte le altre polemiche tra avvocati e magistrati mi lasciano piuttosto indifferente. Se ho scelto di fare questo lavoro è per tutelare gli interessi dei poveri cristi. Non si possono fare i processi solo per gli omicidi. C’è tutta un’umanità che ha bisogno di noi giudici, di avvocati, di qualcuno che la tuteli da chi cerca di prevaricare». «Purtroppo – osserva ancora De Carolis – in Italia abbiamo un problema di fondo: abbiamo processi da un lato lenti, dall’altro sommari».
Il tempo incide negativamente sulla qualità della giustizia. «Non è la trattazione del processo ad avere una durata eccessiva, è l’attesa del processo ad essere eccessivamente lunga», dice il magistrato. Si arriva, infatti, ad attendere anni e anni per un processo che viene poi definito in un’udienza o poco più. Eccolo il corto circuito della nostra giustizia: un nodo da risolvere innanzitutto con iniezioni di nuove risorse nei tribunali. «È semplice – dice De Carolis – Per fare le sentenze servono magistrati e cancellieri». E la fretta rischia di essere nemica delle garanzie processuali. «I giudizi sono lenti, se si vuole rapidità ci sono i pregiudizi», afferma. Il discorso torna quindi al senso della giustizia, alla sua funzione primaria. «I poveri cristi non sono solo le vittime, ci sono poveri cristi anche tra gli imputati – prosegue De Carolis – E le garanzie processuali sono irrinunciabili, servono a impedire che vengano condannati gli innocenti. Bisogna quindi creare un meccanismo di garanzie per evitare che l’accusa prenda il sopravvento, che un innocente venga condannato o tenuto per anni sotto processo».
«L’obiettivo di noi giudici è fare sentenze quanto più giuste possibile, non possiamo permetterci una giustizia sommaria». E nemmeno si può tollerare un garantismo a due facce. «Non ci sono imputati o vittime di serie A e di serie B. Il processo per la truffa subita da un anziano deve avere la stessa dignità del processo al politico eccellente», sottolinea il numero uno del distretto giudiziario partenopeo. «Perché una giustizia che non funziona aumenta le disparità sociali», precisa. Per far funzionare meglio la giustizia a Napoli occorrono risorse, occorre colmare certe sproporzioni presenti nelle piante organiche: basti pensare che solo nella Procura di Napoli ci sono 107 magistrati, mentre i giudici addetti al settore penale in Tribunale sono 235 e nelle sezioni ordinarie della Corte d’appello 39. A inizio settimana la ministra Marta Cartabia ha visitato il Palazzo di Giustizia, incontrando i capi degli uffici per rendersi conto di persona della situazione. «Noi abbiamo fornito i dati, ma dobbiamo limitarci al nostro ruolo di tecnici – conclude De Carolis – Ora compete alla politica fare le scelte»
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