Verso la modifica dell’articolo 33 della Carta
Lo sport entra in Costituzione: è un “Diritto universale”
La Camera approva la legge costituzionale che ha sancito il diritto allo sport. Il via è stato dato; lo sviluppo è tutto da scrivere.

Lo sport entra in Costituzione. Lo ha fatto passando dalla porta principale, con l’approvazione da parte della Camera di una legge costituzionale che ha sancito il diritto allo sport. “Si tratta di un passaggio epocale”, spiega la senatrice di Italia Viva Daniela Sbrollini. L’importanza di questo inserimento è presto detta: l’accesso alla pratica sportiva “è riconosciuto, tutelato e garantito al pari di salute e istruzione”.
Sbrollini, che su questo tema lavora da due legislature, è giustamente soddisfatta. Prima firmataria di una delle proposte di legge sul tema, la senatrice guarda al via libera da parte del Parlamento come a un “passo in avanti fondamentale per il riconoscimento dello sport come diritto universale per tutti”. Non si tratta – è bene dirlo – di una mera enunciazione di principio. Equiparare l’attività motoria alla salute, oppure all’istruzione, significa attribuire allo sport un valore fondamentale nella crescita e nell’educazione dei giovani. Di più, perché allargando lo sguardo è immediato intuire la portata di una decisione che avrà una volta applicata nella sua interezza enormi risvolti pratici nella vita di chiunque pratichi una qualsiasi disciplina fisica.
La modifica dell’articolo 33 della Carta, insomma, non è soltanto un’azione simbolica ma ha un profondo valore etico. Riconoscere lo sport come diritto di tutti apre le porte a una maggior inclusione sociale di chi lo pratica e di da qui in avanti sarà facilitato nel praticarlo, un perno anche in tema di integrazione che, specie partendo dalla scuola, ha tutte le carte – se ben gestito – per rimuovere gli ostacoli all’accesso che in molti casi precludono l’attività sportiva. Ecco perché, accanto all’articolo 32 sul diritto alla salute, il Parlamento ha deciso di aggiungere un comma al successivo articolo 33, ossia quello che riconosce il diritto all’istruzione.
“Le due cose – prosegue Sbrollini – stanno insieme. Sport e salute rappresentano un binomio perfetto, fondamentale. È il pilastro stesso su cui costruire una riforma del welfare per arrivare a riconoscere pienamente che l’attività sportiva è un diritto universale”.
Il primo passo, insomma, è stato fatto. Da qui in avanti, invece, si apre tutto il tema della disciplina dei campi in cui il medesimo principio debba essere sviluppato affinché diventi operativo. Fare sport significa far vivere la socialità ai bambini e ai ragazzi, allontanarli dal degrado, dagli stili di vita non consoni, da tutto ciò che deve essere altro rispetto alla crescita corretta, senza pericolose deviazioni rispetto alla via maestra.
I luoghi di sport del resto consentono di vivere meglio, di aggirare il mondo sommerso che ha a che fare con le dipendenze, di lavorare alla prevenzione dell’obesità con tutti i rischi che quest’ultima porta con sé in termini di salute fisica e non solo. C’è un mondo, insomma, che dall’inserimento della Costituzione non potrà che trarne giovamento, un universo fatto di volontariato, formatori, allenatori e famiglie che merita di essere sostenuto, valorizzato, portato a esempio e non, come a volte accade, lasciato solo a combattere contro ciò che gli svolazza minacciosamente tutt’attorno.
Il via è stato dato; lo sviluppo è tutto da scrivere. Un esempio concreto? “Il riconoscimento dello sport come farmaco da prescrivere in ricetta medica, anche con detrazioni fiscali, per aiutare le famiglie più deboli, che non possono permettersi un abbonamento in palestra o in piscina”, afferma Sbrollini. Quest’ultimo non è che uno dei tanti risvolti che, una volta messi a terra, daranno sostanza alla modifica costituzionale. Una Repubblica che strizza l’occhio allo sport, dunque, è possibile. Il seme è stato piantato; ora, si tratta di far crescere la pianta a vantaggio di un Paese che, finora, ha relegato l’attività sportiva nelle mani di un volontariato tanto attivo quanto non sempre adeguato a raccogliere appieno l’enorme sfida cui si trova di fronte.
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