Parla la storica firma dell'Ansa
“Lo Stato che sbatte in cella i giornalisti fa orrore”, intervista a Enzo La Penna
«Fermo restando che credo sia perfettamente legittimo e giusto rivolgersi alla giustizia se ci si sente diffamati e offesi nella propria onorabilità, penso che il fenomeno delle querele temerarie possa essere arginato solo se si fa come nei Paesi anglosassoni, cioè si fa in modo che chi fa una querela temeraria ne paghi poi il prezzo, per cui se il giornalista dimostra di aver scritto il vero, invece del giornalista a essere condannato è il querelante». Per La Penna occorre avere sempre il senso della misura: «Premesso che non si può avere la licenza di dire tutto e scrivere tutto, perché non si può confondere questo con la libertà di stampa e occorre sempre documentarsi, la questione delle querele temerarie è un tema che dev’essere affrontato».
Da tempo si dibatte per regolare la materia delle querele per diffamazione in modo da evitare il bavaglio delle querele temerarie ma sembra che la politica sia sorda a questo richiamo, così come appare restia ad affrontare il tema del carcere per i giornalisti condannati: due temi su cui si fanno chiacchiere e propaganda e per il momento nulla di fatto. «Credo che la questione sia soprattutto di carattere culturale – spiega La Penna – C’è una debolezza della cultura liberale nel nostro Paese. Nei Paesi anglosassoni, invece, dove la libertà di stampa è una religione, i giornali pagano quando scrivono cose false e a volte i giudici danno anche condanne esemplari, ma non esiste il carcere per i giornalisti, non è proprio prevista la misura della detenzione, le conseguenze sono pecuniarie ma mai sulla libertà personale».
Per Enzo La Penna più che introdurre nuove leggi («in Italia si fanno leggi su tutto e si ricorre al penale per risolvere qualunque questione») bisognerebbe recuperare il senso della misura: «Questo vale sia per noi giornalisti, perché spesso c’è un giornalismo urlato, che non si documenta, esagera nei toni e si lascia troppo influenzare dalla ricerca di like e consensi sul web, sia per i potenti di turno, per i politici, i magistrati, insomma chiunque voglia limitare il diritto di cronaca e di critica». Di aneddoti da raccontare La Penna ne ha tanti al punto da dire che «sì, forse in alcuni casi c’è stato spirito di corporativismo quando la parte offesa era un magistrato, ho visto diffamazioni correre più veloci di altre» e concludere che «l’Italia è sì un Paese libero ma se penso che, a Palermo, due colleghi furono arrestati per peculato perché si ritenne che, essendo i loro articoli molto documentati, non potevano non averli scritti se non fotocopiando atti giudiziari, questo è un Paese che mi spaventa perché può accadere di tutto».
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