C’era chi come la regina Maria Antonietta al popolo che aveva fame avrebbe detto «mangino brioche». C’è invece chi dopo mesi di isolamento, morti, restrizioni, se non vera e propria fame, invece di dire: ecco stiamo per migliorare la sanità, stiamo per costruire nuovi posti di lavoro, stiamo per… se ne esce dicendo: vi mandiamo 70 mila soldati a far sì che stiate tutti buoni e zitti.

Sorvoliamo sulla decisione di vietare gli spostamenti tra Regioni dopo il 20 dicembre: questa scelta non farà altro che creare assembramenti, calca e folla, quando sarebbe stato molto più saggio scaglionare gli spostamenti, garantendo a tutti in sicurezza, qualora lo avessero voluto, di raggiungere i propri cari. Non siamo scemi, non siamo matti. Se qualcuno decide di partire sa quel che rischia e quel che fa rischiare agli altri. La lezione di questi mesi è servita. Ma non è servita a chi ci governa che continua trattarci non da cittadini ma da sudditi. Un tempo davanti all’invio di 70 mila soldati avremmo gridato allo stato di polizia, avremmo gridato al tradimento della Costituzione.

Oggi in molti si preferisce il silenzio, anche perché sfiancati da una pandemia che ci sta toccando tutti. È entrata nelle nostre case, nel nostro vissuto e di tutto avremmo bisogno fuorché di essere sottoposti a un controllo militare così massiccio. Ci sono persone che trasgrediscono, c’è chi non rispetta la legge? Forse. Ma quanti sono coloro che lo fanno e quanti invece in questi mesi hanno dimostrato senso civico, rispetto, altruismo? Molti ma molti di più. Viene non il sospetto, ma la certezza che l’iniziativa di Lamorgese – anche lei purtroppo colpita dal covid – sia una trovata, un modo per dire: stiamo lavorando per voi, tranquilli, ci pensiamo noi. Non è così. È solo un modo per rendere questo tempo ancora peggiore, per far capire che non si hanno altre carte da giocare se non quelle della repressione.

Siamo stanchi, siamo addolorati, ma forse siamo anche assuefatti. Da quando è iniziata la pandemia ogni giorno una misura diversa si è sostituita alla centralità del Parlamento. C’è la crisi? Sì, certo! Siamo in pericolo? Sì, certo? C’è il contagio? Sì, certo. Ma non è mettendo tra parantesi le scelte democratiche che si affronta un evento epocale come questo. Bisognerebbe procedere in direzione opposta: più democrazia, più scelte condivise, più informazione chiara ed efficace. E magari più ospedali, più assunzioni, più iniziative concrete. Invece da mesi ci propongono commissari, dpcm, esperti e tecnici di varia natura.

Tecnici che dovrebbero predisporre anche i progetti per l’utilizzo dei soldi che arriveranno dal Recovery fund (ha ragione da vendere chi anche all’interno della maggioranza protesta per questa scelta). Adesso ci dicono che mandano anche l’esercito, che le nostre città e i nostri paesi verranno militarizzati. La stampa di destra ha protestato: si sono lamentati perché Lamorgese doveva utilizzare i militari contro i migranti. Terribile. A parte questa visione becera, la critica all’invio dell’esercito un tempo la faceva anche e soprattutto la sinistra, convinta che non è mettendo tra parentesi lo stato di diritto che si possa fare il bene dei cittadini.

Vengono in mente quei film o serie in cui i cataclismi o a volte proprio i virus vengono affrontati con l’utilizzo delle forze dell’ordine. In quelle storie inventate (ma fino a un certo punto) si vede come, con la scusa di sconfiggere il pericolo, si aboliscono a poco a poco i diritti dei cittadini e delle cittadine. Non siamo ancora a questo punto, non siamo in una dittatura, per carità. E l’emergenza è vera, grave, pericolosa. Ma i militari per favore no. Soprattutto a Natale, simbolo per eccellenza della pace. Se qualcuno poi sbaglia e non rispetta le regole, ci sono tutti gli strumenti per intervenire, senza mettere sotto sequestro un intero Paese.

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