Nelle ultime settimane un’ondata di violenze senza precedenti si sta abbattendo sulla città. Spesso protagonisti sono giovanissimi che scendono di casa per svagarsi tenendo il coltello a portata di mano. Una situazione che sembra essere fuori controllo e che l’amministrazione cittadina ha deciso di provare ad arginare con un’ordinanza stringente che impone orari di chiusura ai locali. Le luci si spengono e le saracinesche si abbassano all’una di notte durante la settimana e alle due il venerdì e il sabato. “Bisogna anche spegnere la musica a mezzanotte, renderla non udibile all’esterno. Non abbiamo mai capito bene cosa vuol dire”, dicono i titolari di bar nelle vie della movida.

L’effetto di tutto questo? Migliaia di persone che restano in giro nella città buia e con i locali chiusi. Uno scenario perfetto per violenze senza controllo. È questa la brutta sensazione che ha Dario D’Avino, operatore dell’ospitalità, che ha scritto al Riformista una lettera aperta che riportiamo integralmente qui di seguito. Il suo punto di vista è comune a tanti altri suoi colleghi che non sopportano più di vedere la città con le luci spente in preda alla violenza. Ed è la voglia di una intera categoria di rimboccarsi le maniche, di dare il loro contributo a migliorare la situazione della città.

 

Era il 28 Luglio scorso, un caldissimo mercoledì pomeriggio, e con un nutrito gruppo di operatori dell’ospitalità, sotto il sole cocente, partecipammo ad un incontro con Gaetano Manfredi, all’epoca solo candidato a sindaco di Napoli, organizzato da Sinistra Italiana. Il futuro sindaco si presentò con un’ora e mezza di ritardo, ma nonostante questo, presi la parola anche a nome dei miei colleghi e cercai di imbastire un discorso molto disteso, non conflittuale e dialogante. Parlai del nostro lavoro, della nostra visione di città e della ricaduta che, secondo noi, le nostre luci, accese anche di notte e la nostra presenza, hanno sulla sicurezza della città.

Dissi testualmente: “Sempre più spesso si invocano misure draconiane, come se, colpiti noi, chiuse le nostre attività, tutto per magia tornasse ad una presunta ‘pace’. Vede Sindaco, noi ce la ricordiamo quella ‘pace’. Era quella di un centro storico decadente ed inanimato, preda degli interessi criminali. Erano quelle strade che Annalisa Durante descriveva nei suoi diari dicendo ‘le strade mi fanno paura. Sono piene di scippi e rapine. Quartieri come i nostri sono a rischio…’. Purtroppo sappiamo come è finita. E vede Sindaco, siamo noi che in quelle strade ci abbiamo investito. Ci abbiamo acceso delle luci, le abbiamo colorate, le abbiamo rese meta di turisti, facendole conoscere e rivalutare nel mondo. Evidentemente di questo ci si deve dare atto a tutti i livelli, anche a quelli a noi avversi”.

La risposta del sindaco fu breve, succinta e non lasciò molto spazio allo spirito con cui noi ci presentammo a quell’incontro. In sostanza disse rapidamente e svogliatamente che, si, effettivamente l’illuminazione genera sempre delle ricadute sulla sicurezza, ma che, alla fine dei conti, noi rappresentavamo solo un problema, perché si ok, noi li riuniti forse potevamo anche essere quelli “bravi”, ma l’alcol ai minorenni….”.

Rimanemmo di stucco, la chiusura più totale, l’assimilazione di una intera categoria agli sbagli di qualche singolo e nessun accenno alla visione della città del domani, con le sue complessità e le sue criticità, in primis la sicurezza. È passato quasi un anno da quel momento e nelle strade, di quel centro storico di Annalisa, così come in altri quartieri della città, è tornata ad affacciarsi una violenza pericolosa e degradante, come non si vedeva da anni e, quei vicoli, sono tornati “a fare paura”. E’ passato quasi un anno da quel momento e le nostre luci, sottoposte ad una rigida ordinanza si spengono puntuali, lasciando spazio al buio ed al vuoto di una città che si va incattivendo.

Come quel giorno aspettammo pazienti per un’ora e mezza sotto al sole, oggi, dopo un anno, continuiamo ad aspettare; c’è di nuovo il sole caldo e cocente, ma ora a Forcella sono tornate le aggressioni e le coltellate. Chissà se il sindaco crede che sia giunto il momento di ragionare insieme non di ordinanze e repressione, ma di collaborazione e visione complessiva.

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