L'indagine sul "corvo" del Csm
Loggia Ungheria, si complica la posizione della segretaria di Davigo: aveva sei verbali di Amara in casa
Appare complessa la posizione di Marcella Contrafatto, la dirigente del Consiglio superiore della magistratura indagata per calunnia dalla Procura di Roma per avere veicolato, con particolari messaggi, verbali di interrogatori coperti da segreto resi a Milano dall’avvocato Amara. Lo scandalo era partito dal plico fatto recapitare, oltre che a dei giornalisti, al consigliere del Csm Antonino Di Matteo, in cui vi erano due dei verbali di Amara e una missiva anonima. Impossibile dire al momento se sia lei il cosiddetto corvo del Csm, in quanto la situazione è ancora tutta da chiarire.
Tuttavia, gli elementi emersi nelle motivazioni con cui i giudici del Tribunale del Riesame hanno respinto il ricorso, relativo al materiale sequestrato nel corso delle perquisizioni disposte dai pm della Procura capitolina, avanzato dall’avvocato Alessia Angelini, difensore della Contrafatto, disegnano uno scenario non limpido. La donna aveva a casa «ben sei verbali di interrogatorio di Amara privi di sottoscrizioni». In particolare si tratta di verbali «del 6 e 14 dicembre 2019, due verbali delle ore 12 e 14.15, rispettivamente di 3 e di 10 fogli dattiloscritti solo fronte, uno dei quali evidentemente è quello inviato a Di Matteo», verbali del «15 e 16 dicembre e dell’11 gennaio 2020, materiale da lei spontaneamente esibito e consegnato a seguito della notifica del decreto di perquisizione e sequestro, unitamente a tre trascrizioni di intercettazioni ambientali e di un notebook», si legge nel provvedimento.
Durante la perquisizione sono state trovate anche «rassegne stampa a cura del Csm con chiave di ricerca “Palamara”, estratto del libro Il Sistema, fascicoli di due procedimenti disciplinari e la stampa della posizione disciplinare di Palamara, un avviso di conclusioni indagini di un procedimento romano con annesse notizie stampa, oltre a vari appunti, una rubrica, due pen drive e due memory card». Non è chiara l’attenzione della Contrafatto per l’ex presidente dell’Anm Luca Palamara che sinteticamente commenta: «Io estraneo a vicenda Contrafatto, Davigo spieghi cosa è accaduto». Nel dispositivo dei giudici del Riesame si legge anche che nell’ufficio al Csm «si sequestrava un appunto mentre per il pc e lo smartphone si effettuava copia forense». I giudici scrivono inoltre «che in sede di interrogatorio dinanzi al pm (nel quale si è avvalsa della facoltà di non rispondere)» non ha fornito nessuna giustificazione.
L’elemento più critico per la posizione della donna è forse il seguente: «Il tenore complessivo della missiva di accompagnamento del verbale inviato a Di Matteo infatti – si legge nelle motivazioni – con uso in parte del maiuscolo, sottolineatura del procuratore di Milano, annotazione a penna, fa ritenere condivisibile la contestazione del delitto ipotizzato». Per i giudici dunque «palesi sono le esigenze probatorie che giustificano il sequestro al fine di una compiuta ricostruzione della vicenda in indagine». Inoltre è emerso che il verbale di interrogatorio di Piero Amara inviato nel febbraio scorso al dottor Antonio Di Matteo era accompagnato da un «biglietto anonimo in cui, tra l’altro, si affermava che il verbale in questione era stato ben tenuto nascosto dal procuratore di Milano Francesco Greco» aggiungendo «chissà perché» e che in «“altri verbali c’è anche lui”(parte manoscritta volta verosimilmente a evidenziare che da alcuni verbali di interrogatorio risulta la presenza del dottor Greco)». Nelle motivazioni i giudici della Libertà hanno affermato che il messaggio «presenta indubbie similitudini con quello trasmesso» il 26 febbraio ad una giornalista «per contenuti, caratteri, utilizzo di caratteri maiuscoli per evidenziare alcune parti degli scritti, tanto da far ritenere la stessa provenienza».
Nel procedimento nei confronti della donna, che ha lavorato nella segreteria di Piercamillo Davigo, il procuratore capo di Milano Francesco Greco figura come parte offesa. Invece nel procedimento romano in una prima fase si era proceduto all’iscrizione del registro degli indagati del pm di Milano Paolo Storari per rivelazione del segreto d’ufficio per aver consegnato, nell’aprile del 2020 a Milano, all’allora consigliere del Csm, Piercamillo Davigo, i verbali. Il procedimento è stato poi inviato per competenza territoriale a Brescia. Sul contenuto di quanto affermato da Amara ha invece avviato un procedimento la Procura di Perugia che sta effettuando accertamenti sulla presunta loggia Ungheria tirata in ballo dall’avvocato siciliano.
© Riproduzione riservata