Lorenzo Zaratta morì a Taranto nel 2014 per un tumore al cervello. Era il 30 luglio e lui aveva appena compiuto 5 anni durante i quali aveva combattuto contro quel male scoperto a soli tre mesi di vita. Ora la famiglia di Lorenzo ha chiesto un risarcimento di 25milioni di euro all’Ex Ilva di Taranto: secondo una perizia consegnata ai pm della procura di Taranto a causargli la malattia sarebbero state le polveri e le altre emissioni dell’acciaieria ex Ilva. Così 9 tra dirigenti e funzionari dell’epoca sono stati rinviati a giudizio con l’accusa di omicidio colposo.

La perizia dei consulenti della famiglia Zaratta ha certificato la presenza di “numerosi corpi estranei” nel cervello del bimbo, tra cui ferro, acciaio, zinco, silicio ed alluminio, come rivelato dal comitato Tamburi combattenti di Taranto. Secondo le carte dell’inchiesta, il piccolo Lorenzo si sarebbe ammalato per aver assunto, quando era ancora allo stato fetale, sostanze velenose a lui trasmesse dalla madre, che all’epoca lavorava al rione Tamburi.

Il 22 luglio durante l’udienza preliminare che si è svolta davanti al gup del tribunale di Taranto, Pompeo Carriere, c’è stata la richiesta di risarcimento da parte della famiglia. Per i pm Remo Epifani e Mariano Buccoliero gli imputati in concorso tra loro “consentivano la dispersione di polveri e sostanze nocive provenienti dalle lavorazioni delle aree: Parchi Minerali, Cokerie, Agglomerato, Acciaierie e Gestione Rottami Ferrosi dello stabilimento siderurgico, omettendo l’adozione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro e malattie professionali”, come riportato da Repubblica.

Tutto ciò avrebbe causato “una grave malattia neurologica” al bambino “che assumeva le sostanze velenose durante il periodo in cui era allo stato fetale” e avrebbe così sviluppato una “malattia neoplastica che lo conduceva a morte”. I genitori di Lorenzo non hanno mai smesso di lottare insieme ai “Tamburi combattenti” per far uscire la verità sugli effetti dell’inquinamento industriale sulla popolazione soprattutto in quel rione a ridosso dell’acciaieria dove ogni anno si contano vittime soprattutto tra i bambini.

Mauro, il papà di Lorenzo, ha partecipato a tante manifestazioni impugnando il suo cartello con la foto del figlio con la testa bendata per le chemioterapie e le operazioni a cui è stato sottoposto. Uno strazio senza fine che non ha tolto alla sua famiglia la voglia di lottare e chiedere che sia fatta luce sulla morte del loro figlio, per salvare anche le vite dei bambini che nasceranno.

“L’udienza del processo – spiega Leonardo La Porta, l’avvocato che difende la famiglia assieme al collega Ladislao Massari, legale per conto del fratello 13enne di Lorenzo – è stata rinviata al 14 ottobre, i pm, su richiesta della difesa, dovranno riformulare e specificare i capi di imputazione in merito alla serie di omissioni di cui sono accusati”.

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Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.