Le testimonianze dal fronte
L’sos dei soldati a Zelensky: “Cento di noi muoiono ogni giorno, stiamo perdendo, senza armi dovremo ritirarci”

Nel Donbass si continua a combattere. Lampi continui illuminano la notte di quello che ormai, da cento giorni, è il ‘fronte più caldo dell’Ucraina’. “Perdiamo 600 uomini al giorno” racconta il maggiore Vadym a Fabio Tonacci, inviato di Repubblica a Pokrovsk, nella regione di Donetsk.
Nel pomeriggio il maggiore ha dovuto seppellire uno dei suoi uomini, scavando una buca nel terreno e segnando con una croce di rami. “Cento morti, cinquecento feriti: questa è la media. Non possiamo durare”.
“Siamo sempre di meno”
Il maggiore Vadym fa parte della 57esima brigata: quando è scoppiato il conflitto contava 700 uomini, ora sono rimasti in 115. La 110ma è dimezzata, mentre alla 58esima brigata è rimasto solo un terzo dei soldati rispetto all’inizio. Le munizioni dell’artiglieria pesante, che è comunque vecchia, sono finite. “Severodonetsk cadrà a breve, quindi o avremo i missili degli americani o ci dobbiamo preparare alla ritirata. I nemici sembrano infiniti, hanno riserve, forze fresche, non gliene frega niente di mandarle al massacro. Noi siamo sempre gli stessi e sempre di meno...” racconta ancora Vadym. Anche il presidente ucraino Zelensky ha dovuto ammettere che tra Lugansk e Donetsk il suo esercito viene decimato, con la Russia che controlla il 20% del Paese.
Oltre al maggiore Vadym, che ha 36 anni, anche il sergente Maxsim (42 anni) e il soldato semplice Eugen (24 anni) continuano a versare birra nei bicchieri di plastica e raccontano il conflitto, in una notte in cui, sottolinea l’inviato, ‘hanno voglia di parlare’, senza nascondersi dietro il patriottismo o la propaganda.
Eugen ha sul petto la scritta ‘Simul ad victoriam’, ossia il motto della 58esima brigata motorizzata dispiegata a Sumy prima che Putin decidesse, a fine marzo, di concentrarsi su Severodonetsk, nel Lugansk, ora per l’80% in mano russa. Lui non si separa mai dal suo kalashnikov: “È l’unica arma che ho e di cui non temo che finiscano i proiettili” sottolinea. Sul suo corpo, oltre ai tatuaggi, i segni della guerra, come la psoriasi da stress: e da quando si ritrova a percorrere ‘l’autostrada della morte’, 67 chilometri in cui si ha il 50% di possibilità di saltare in aria, ha iniziato a perdere anche i capelli. I cannoni M777 inglesi sono pochi, ed è necessario imparare a usarli; gli obici italiani non bastano, i lancia missili a medio raggio americani non sono ancora arrivati. Secondo Eugen in Donbass si combatte “da 8 anni e 100 giorni”.
“Non hanno mai smesso di martellarci”
Il maggiore ricorda il momento in cui i bombardamenti si sono fatti più intensi: Putin intanto vuole gli interi territori di Lugansk e Donetsk. Le prossime mosse sono ancora un mistero.
“Quando a Kiev festeggiavano la liberazione della capitale, abbiamo visto calare colonne di tank e lanciamissili russi. Era il 25 marzo, me lo ricordo bene. Non ne parlò nessuno, allora. In ventiquattrore ce li siamo trovati vicino a Severodonetsk, non hanno mai più smesso di martellarci...“sottolinea Vadym. Sono trascorsi più di tre mesi di una guerra di cui ancora non si vede la fine.
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