È uno scenario drammatico quello delineato dalle 69 pagine della perizia sulla morte di Luana D’Orazio, la giovane operaia morta a Oste di Montemurlo mentre stava lavorando in fabbrica. L’orditoio che l’ha stritolata sarebbe stato manomesso e montato in modo non conforme. Una vicenda drammatica su cui gli investigatori dovranno chiarire ancora molti punti.

“Non ci sono parole, come si può morire così nel 2021. Se l’azienda avesse preso tutte le precauzioni mia figlia sarebbe ancora qui, devono prendere coscienza”, ha detto tra le lacrime Emma Marrazzo, mamma di Luana, come riportato da Repubblica. Una lettura dolorosissima soprattutto per le conclusioni a cui giunge: forse quella morte si sarebbe potuta evitare.

Il 3 maggio scorso “dopo le 09.45 Luana D’Orazio preme il pulsante di marcia lepre, ovvero viene attivata la modalità automatica”. Alle 9.46, in un intervallo di 3 secondi, Luana “è in prossimità al gruppo brida-menabrida (i due pezzi che compongono il comando del subbio, il sostegno per l’avvolgimento del filato, nda) e la brida entra in contatto con i suoi vestiti trascinando la donna attraverso la trazione sia sui fuseaux, sia sulla maglietta, sia sulla felpa e viene portata nella zona di comando del moto del subbio. La trazione su tre elementi dell’abbigliamento cattura il corpo in una sorta di abbraccio mortale”.

Poi qualcuno spegna la macchina. “Una persona che si trovava nella stessa porzione del capannone dove sono presenti le macchine oggetto di accertamenti – si legge ancora – ma che non si trovava in prossimità della macchina oggetto di infortunio”. La distanza percorsa dal primo soccorritore viene stimata tra i 17 e i 30 metri.

“La macchina presentava una evidente manomissione con un altrettanto evidente nesso causale con l’infortunio”, scrive l’ingegner Carlo Gini, incaricato dalla Procura di esaminare il macchinario in cui la giovane operaia trovò la morte. La manomissione sarebbe stata eseguita tramite un “ponticello elettrico”, con tutta probabilità per abbattere i tempi di produzione. “La funzione di sicurezza della saracinesca era stata completamente disabilitata per cui l’operatore poteva accedere alla zona pericolosa, anche in modalità automatica, senza alcuna protezione – prosegue Gini – Tale disabilitazione era stata fatta da tempo ed era presente anche sulla macchina non oggetto di infortunio”. La presenza di ragnatele sul macchinario poi spingerebbe ancora di più a credere che quella fosse una consuetudine.

Sempre in base alle valutazioni del consulente, l’azienda utilizzava l’orditoio in maniera non conforme. Il sistema di comando è risultato provvisto di “una staffa fortemente sporgente anziché uno con superficie esterna liscia, come previsto e fornito dal costruttore”: la stessa staffa su cui restarono incastrati i vestiti della ragazza, poi risucchiata nel macchinario. “Questo elemento ha amplificato il rischio derivante dalla manomissione della serranda, esponendo Luana a un grave rischio”.

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Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.