Dopo dieci anni è libero Rubin Talaban, il 41enne di nazionalità albanese che nell’aprile del 2013 sfregiò con l’acido l’avvocatessa di Pesaro Lucia Annibali. A rivelarlo è il Messaggero. Dietro un compenso di 30mila euro, Talaban con un connazionale eseguì l’aggressione commissionata dall’ex compagno della donna, l’avvocato Luca Varani. Dopo aver scontato 10 anni dei 12 definitivi e sfruttando una norma sui reati commessi da stranieri, Talaban è stato espulso e vive in Albania.

“Mi ha scritto, chiedendomi in qualche modo perdono e raccontando quello che aveva fatto. In pratica un’ammissione di colpevolezza, peraltro già dimostrata nei fatti dal processo. Quando l’ho letta ho pensato che se si era reso conto di quello che aveva fatto era meglio per lui. Alla fine è il percorso che ciascun detenuto dovrebbe fare nella propria vita. Io non gli ho mai risposto, né ho avuto intenzione di incontrarlo” racconta Lucia Annibali al quotidiano romano.

L’avvocato ed ex parlamentare di Italia Viva non si scompone: “Era previsto dalla sentenza che a fine pena tornasse nel suo Paese. Così è successo, è tutto corretto“. “L’importante – sottolinea – è che io non abbia mai più nulla a che fare con lui”.

Dall’aprile 2013 la vita di Annibali è cambiata per sempre: “Sono andata avanti concentrandomi su me stessa. All’inizio c’è stato un percorso medico totalizzante, fatto di molto dolore e tante rinunce. E a tutto questo si sono aggiunti gli anni del processo. Poi mi sono trasferita a Roma, sono stata eletta alla Camera e ho imboccato una nuova strada professionale con sfide per me inedite – ha concluso – Ho avuto altre opportunità e incontrato persone diverse. È una vita in costruzione, in costante sviluppo. Adesso sono difensore civico della Regione Toscana, anche questo è un modo per imparare”.

Al Riformista, in riferimento all’omicidio di Giulia Tramontano, aveva raccontato: “Credo nel principio del garantismo e nell’idea di un carcere che rieduchi chi ci entra. Chi ha commesso un reato deve mettersi in discussione e migliorarsi. Serve a lui e alla vittima del reato. Penso che un’esperienza di dolore come quella che ho vissuto io, e l’ho vissuta anche da donna di legge, ti metta di fronte alla scelta di voler conservare o meno l’umanità. Sorge la domanda: io ho subìto questo, che cosa ne faccio? E allora diventano anche scelte di vita. Tutto il tema del carcere, deve essere un’occasione per interrogarci sulla propria umanità e su quella della società”.

In una intervista al Corriere della Sera rilasciata lo scorso aprile, a 10 anni esatti dall’aggressione, Lucia Annibali aveva detto basta agli interventi chirurgici: “È tempo di accettare il mio viso così com’è, dopo almeno venti operazioni”.

 

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