L'anniversario
Lucio Dalla infinito, 10 anni dalla morte del genio della canzone italiana

Due tipi di persone esistono, almeno in Italia: quelle che ricordano dov’erano e cosa facevano il primo marzo 2012 quando vennero a sapere della morte di Lucio Dalla e chi mente. A Montreaux, al festival jazz, l’autore e cantante e cantautore veniva stroncato da un infarto all’Hotel Plaza. Aveva 69 anni. Dieci anni dopo, con una guerra in corso – “e se non mi abbattono anche coi russi parlerei”, cantava lui -, il suo ricordo è ancora vivo. Anzi, celebrato e copiato e imitato da almeno una generazione di artisti. Immortale. La sua discografia continuamente celebrata. Ci saranno celebrazioni in suo ricordo oggi a Bologna.
Dove Dalla era nato il 4 marzo 1943. Aveva solo sette anni quando il padre Giuseppe morì stroncato da un tumore. Studiò al Collegio Vescovile Pio X di Treviso e poi alla ragioneria, al liceo classico, al liceo linguistico. La sua passione però era la musica: “A 17 anni ero già a Roma a fare musica”. A 10 anni gli regalarono un clarinetto che imparò a suonare da autodidatta. E con quello cominciò a esibirsi con formazioni jazz bolognesi, tra cui la Rheno Dixieland Band con Pupi Avati. “Il mio sogno era diventare un grande clarinettista jazz. Ma un giorno nella nostra orchestra arrivò Lucio Dalla. All’inizio non mi preoccupai più di tanto, perché mi pareva un musicista modestissimo. E invece poi ha manifestato una duttilità, una predisposizione, una genialità del tutto impreviste: mi ha tacitato, zittito, messo all’angolo”, disse il regista. E cambiò mestiere e sogno.
A convincerlo a lasciare la band Flippers, dov’era il frontman, per la carriera solista fu Gino Paoli. Dalla è stato un genio, istrionico e imprevedibile, della canzone. Ne ha esplorato ogni anfratto, ogni spiraglio, spigolo. All’inizio della carriera ha sperimentato tantissimo: aveva fatto jazz, televisione, il Cantagiro, il Festival di Sanremo – nel 1971 fu censurata la sua Gesù Bambino, scritta dalla paroliera Paola Pallottino, che divenne 4/3/1943 e modificata nel testo. Tutto questo prima della trilogia senza ritorno della musica italiana: Come è profondo il mare (1977), Lucio Dalla (1979), Dalla (1980).
Con l’amico Gianni Morandi ha pubblicato nel 1989 l’album Dalla/Morandi. Con Francesco De Gregori l’indimenticabile live Banana Republic ripreso anni dopo per un nuovo tour. La sua band per anni furono gli Stadio. A sua volta scoprì Luca Carboni. A Sorrento, nella stanza occupata da Enrico Caruso negli ultimi giorni della sua vita, scrisse una canzone a lui dedicata, indimenticabile, cantanta e tradotta perfino in tutto il mondo.
Sempre discretissimo nella sua vita privata: dalle voci sulla famiglia al suo orientamento sessuale. “Lucio e io potevamo essere maestro e allievo, padre e figlio, fratelli, amici, amanti: Lucio diceva che ci completavamo”, ha detto a Il Corriere della Sera il cantante e attore Marco Alemanno, considerato vicino a Dalla negli ultimi anni. Voce smentita da Ron, amico e collaboratore storico di Dalla. Il cantautore e genio della canzone si è dato completamente nella musica più che al gossip. Casa sua in via D’Azeglio 15 a Bologna è diventata sede della Fondazione Dalla. Sul citofono: “Comm. Domenico Sputo”, tanto per depistare i fan. Il Bologna gli ha dedicato il seggiolino in fila 8 posto 19 con una decorazione: la sua ombra che suona il sax.
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