L’Ucraina rischia di non resistere a lungo alla pressione militare di Mosca. Alti ufficiali di Kiev sentiti da Politico hanno spiegato che in caso di avanzata, la Russia probabilmente riuscirà a “penetrare la linea del fronte e di distruggerla in alcune parti” e “non c’è nulla che possa aiutare l’Ucraina adesso perché non esistono tecnologie serie in grado di compensare l’Ucraina per la grande massa di truppe che la Russia probabilmente scaglierà contro di noi”. L’avvertimento di uno degli ufficiali è cristallino: “Noi non disponiamo di queste tecnologie e anche l’Occidente non le possiede in numero sufficiente”. E sono molto poche le variabili che possono rovesciare questa situazione. Il pericolo di un crollo del fronte è stato confermato anche dal presidente, Volodymyr Zelensky, che ha richiamato l’attenzione sull’aumento delle truppe di Mosca. “La Russia si sta preparando a mobilitare altri 300mila soldati entro il primo giugno” ha detto Zelensky in conferenza stampa con il finlandese Alexander Stubb.
Gli esperti sottolineano che la coscrizione di Vladimir Putin, che ha previsto il reclutamento di 150mila soldati, non riguarderebbe la prima linea del fronte ucraino, dove sarebbero inviati solo reparti esperti. Tuttavia, la preoccupazione dei comandi ucraini e di Zelensky è il fare i conti con un reclutamento interno che non può essere paragonabile al bacino da cui possono attingere i russi.
Il leader ucraino, per limitare l’impatto delle nuove truppe del Cremlino, è al lavoro per aumentare il numero di reclute tra le proprie file. L’ultima legge firmata da Zelensky prevede l’abbassamento dell’età minima per l’arruolamento a 25 anni, mentre è ancora possibile arruolarsi volontari dopo essere diventati maggiorenni. Il problema però non riguarda solo gli uomini, ma anche i sistemi difensivi, le munizioni e le armi. Ieri, il ministro degli Esteri, Dmytro Kuleba, ha inviato un messaggio ai partner occidentali. “Tutte le batterie di ‘Patriot’ disponibili in tutto il mondo e che possono essere fornite all’Ucraina devono esserci consegnate il prima possibile”, ha scritto il capo della diplomazia di Kiev su X. E il segnale era soprattutto rivolto ai leader dell’Alleanza Atlantica impegnati ieri nella ministeriale che aveva anche lo scopo di discutere il piano del segretario generale Jens Stoltenberg per fornire aiuti militari quinquennali all’Ucraina dal valore di cento miliardi di dollari.
Progetto che, a detta del Financial Times e di Politico, servirebbe anche a limitare i possibili effetti sul sostegno militare a Kiev di un’eventuale elezione di Donald Trump. Non è un mistero che l’ex tycoon, come già visto con la forte opposizione repubblicana al Congresso all’ultimo pacchetto di aiuti, abbia idee molto diverse su questo tema rispetto al presidente Joe Biden. E nelle cancellerie Nato, questo tema è molto chiaro. “Mi compiaccio del fatto che gli alleati continuino a consegnare grandi quantità di armi, munizioni ed equipaggiamenti all’Ucraina, ma il Paese ha necessità urgenti: ogni ritardo nel fornire sostegno ha conseguenze sul campo di battaglia” ha detto Stoltenberg a Bruxelles. “Dobbiamo cambiare dinamica assicurando un’assistenza prevedibile nel campo della sicurezza all’Ucraina, con meno contributi volontari e più con impegni Nato, meno con offerte a breve termine e più con impegni”. La partita non è semplice, soprattutto per le divergenze riguardo il tipo e la quantità di aiuti da consegnare. L’Ucraina sta facendo capire, nel corso di questi ultimi mesi, di essere in grado di colpire la Russia anche in profondità. E di avere bisogno di armi per investire sulle fragilità di Mosca. I droni che hanno volato più di mille chilometri oltre il confine, e che hanno colpito Yelabuga e Nizhnekamsk nel Tatarstan, rappresenta per l’Institute for the Study of War un punto di svolta nella guerra offensiva di Kiev. Ma in questo momento, le forze russe sembrano non solo in grado di colpire con droni e missili su tutto il territorio ucraino, ma anche di conquistare gradualmente delle posizioni di vantaggio via terra.
Preoccupa inoltre l’escalation di minacce lanciata dal Cremlino. I servizi segreti continuano a ribadire la pista ucraina dell’attentato a Mosca. E questo nonostante dagli Stati Uniti continuino ad arrivare informazioni sul fatto che l’intelligence d’Oltreoceano avesse specificamente avvertito i russi di un possibile attacco terroristico alla Crocus City Hall. Il segretario del Consiglio di sicurezza russo, Nikolai Patrushev, ieri ha di nuovo lanciato accuse molto gravi nei confronti del Paese invaso a febbraio 2022. L’attentato a Mosca, ha affermato l’alto funzionario russo, “può essere fatto risalire ai servizi speciali ucraini ed è risaputo che il regime di Kiev è completamente controllato dagli Stati Uniti”.