L’altro ieri l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con una risoluzione adottata tramite l’abituale maggioranza asiatica quando si discute di Israele, ha chiesto che la Corte Internazionale di Giustizia renda un “parere” a proposito degli obblighi israeliani “in relazione alla presenza e alle attività delle Nazioni Unite, incluse le sue agenzie, nonché delle altre organizzazioni internazionali e degli altri Stati” nei cosiddetti “territori occupati”. In particolare, si tratterebbe di “garantire e facilitare la prestazione senza ostacoli delle forniture urgentemente necessarie ed essenziali per la sopravvivenza della popolazione civile palestinese” nonché, attenzione, di “supportare il diritto di autodeterminazione del popolo palestinese”.

Gli aiuti di Israele

Come si vede, questa confusa richiesta non solo chiama in causa l’improbabile dovere di Israele di fornire gli aiuti valendosi obbligatoriamente dell’intermediazione dei soggetti indicati dall’Onu ma, inoltre, mette in uno stesso calderone gli aiuti umanitari e le istanze di autodeterminazione dei palestinesi. Bisogna risalire le cinque pagine della risoluzione per dare un senso alle contorte vaghezze di quel dispositivo. E, risalendole, tutto si spiega. È tutto un tributo alla indispensabilità e insostituibilità dell’Unrwa, l’agenzia Onu per il sussidio dei rifugiati palestinesi. Tutto un deplorare il tentativo di esautorarla. Tutto un angoscioso allarme non per la sorte della popolazione palestinese, ma per il pericolo che l’Unrwa – insostituibile meno per i civili di Gaza che per Hamas – veda messo in pericolo il proprio monopolio.

Che si tratti di questo – cioè non di salvare i diritti dei palestinesi, ma di salvare la ghirba all’Unrwa – è già chiaro considerando come, sugli aiuti e sul dovere di Israele di assicurarli, si siano affastellate tre ordinanze della Corte Internazionale di Giustizia, una pluralità di risoluzioni dell’Onu stessa, una “opinion” della medesima Corte, tutte a elencare le misure che la “forza occupante”, cioè Israele, è tenuta ad adottare. Perché, dunque, quest’ultima risoluzione? Per quel motivo: per sigillare in carta giudiziaria il monopolio dell’Unrwa che l’Onu, ovviamente, non potrebbe istituire.

Gentiluomini chiamati colleghi

Per dirla semplice: si affida alla (presunta) giustizia la soluzione/imposizione di una questione eminentemente politica come la gestione degli aiuti, per soprammercato ficcandoci dentro il diritto di autodeterminazione (una specie di risoluzione omnibus, come i decretoni Italian-style) e si chiede alla Corte di spiegare che Israele deve baciare la pantofola all’agenzia dell’Onu piena di dirigenti e dipendenti documentatamente collusi con Hamas, a volte persino responsabili di aver direttamente partecipato ai massacri del 7 ottobre e altre volte (molte) beccati a fornire assistenza, soldi, informazioni ai macellai con cui facevano sodalizio. E discutiamo dei gentiluomini che il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, e il ras dell’Unrwa, Philippe Lazzarini, chiamano “colleghi”. Viene in mente una cosa che in Italia conoscemmo bene. Quella cosa che imperava sui latifondi, con i campieri.