Sei Punte
“Quasi 45mila civili”
L’uomo dell’Onu gonfia i numeri sui civili uccisi a Gaza e supera Hamas
Fresco di nomina a sottosegretario generale per gli Affari umanitari e coordinatore degli aiuti di emergenza delle Nazioni Unite, Thomas Stuart Francis Fletcher, Cavaliere del Distintissimo Ordine di San Michele e San Giorgio, l’altro giorno ha fatto capire senza infingimenti quale sarà il solco della sua nobile missione.
Ha preso i dati del ministero della Salute di Gaza (significa Hamas) e, siccome non gli piacevano abbastanza, ha dichiarato che nei cosiddetti “territori occupati palestinesi” sono stati uccisi “quasi 45mila civili”. A parte l’invenzione di mettere Gaza tra i cosiddetti “territori occupati”, c’è che manco Hamas osa dire che si tratta di 45mila civili uccisi. Quel numero, infatti, è bensì riportato dall’Ufficio centrale di statistica dello Stato di Palestina: salvo il modesto dettaglio, appunto, che si tratta dei morti totali, e che neppure dai lombi di Hamas viene l’impudenza di sostenere che siano tutti civili.
Però ai plenipotenziari dell’Onu non garba l’idea di passare per quelli che stanno a guardare il capello. E allora fanno così: a Gaza c’è un occupante – Israele – che, non si sa perché (anzi, si sa: per fare genocidio), ammazza civili e solo civili. Non c’è un miliziano ucciso laggiù, non un terrorista, non un combattente. Israele ammazza solo quelli, i civili, e gli 850 soldati israeliani caduti sono stati uccisi da massaie col mattarello, da bambini con le pistole giocattolo e da 80enni storpi a colpi di stampelle. Insomma, a Gaza non c’è mai stata una guerra.
A Gaza quelli di Hamas non ci sono mai stati. I 4.000 che hanno fatto il 7 ottobre erano agenti del Mossad, mandati dal nazista Netanyahu per avere le mani libere nell’attuazione del programma genocidiario. Ecco, se si trattasse di una rappresentazione da corteo pro-Pal, uno direbbe: e vabbè. Ma l’uso propagandistico e su base contraffattoria di quei numeri, con una disinvoltura magliara cui non si abbandona nemmeno il distributore delle veline da tunnel, viene dal numero uno della cooperazione internazionale. Uno, cioè, da cui ci si dovrebbe aspettare che facesse almeno finta di apparire diverso dal militante in kefiah cui, invece, spiccia casa.
Chi pure volesse onorare la causa palestinese – una causa meritevole, quando non risiede nei propositi di repulisti degli israeliani dal fiume al mare – dovrebbe domandarsi con quale credibilità si reclama che abbia fine il conflitto mentre si nega che si tratti di un conflitto. Dovrebbe domandarsi, quel sostenitore delle ragioni palestinesi, con quale decenza si invoca la fine delle ostilità se si nega che c’è qualcuno che combatte Israele per distruggerlo e contro cui Israele combatte per non farsi distruggere. I civili uccisi ci sono: tanti, troppi, come nelle schifose guerre cui non si rimedia con la propaganda schifosa.
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