Skopje è l’epicentro dei Balcani, storicamente un punto di incontro per varie culture e religioni – basti pensare a quando ospitava il Patriarca della Chiesa Ortodossa e a come era un punto di passaggio tra il Kosovo e l’Albania. Una grande potenzialità, questa connessione tra paesi, ma spesso anche un grande ostacolo per il suo sviluppo. Oggi, il problema più forte nei Balcani sono le dispute bilaterali che si sono create, proprio a causa di queste connessioni territoriali. La Macedonia del Nord è un esempio calzante per questa dinamica.
Attualmente la Macedonia del Nord rappresenta uno dei Paesi più avanzati nel processo di allargamento europeo (è candidato ufficiale dal 2005!), ma anche il paese che più ha dovuto soffrire ed attendere (non sono ancora aperti i negoziati nei suoi confronti); ha dovuto trasformarsi per potersi adeguare alle richieste di vari paesi membri dell’UE, specialmente della Grecia, e momentaneamente della Bulgaria.
A partire dalla modifica del nome del paese (e di conseguenza anche di varie vie, prodotti, ecc.) perché la Grecia pretendeva l’esclusiva ellenica su Alessandro Magno (cosa discutibile e storicamente non corretta, ai tempi di Alessandro Magno i confini erano ben diversi). Inoltre, in questo periodo, la Bulgaria sostiene che il macedone sia solo una variante della lingua bulgara e pertanto la Macedonia dovrebbe riconoscere i bulgari come gruppo etnico “costituente” nella sua Costituzione.
Perché la Grecia impedisce che si usi il nome di Alessandro Magno in Macedonia del Nord, per esempio per denominare un’autostrada? E perché non è possibile che lo stato si definisca come Macedonia (e non Macedonia del Nord?) La Grecia ha risposto a queste domande con la questione dell’onore, della storia e della fatica: Alessandro Magno per la Grecia è motivo di orgoglio, è tradizione, è appartenenza. Una tale risposta non è sempre comprensibile per coloro che non sono immersi in quella realtà.
Una persona nata e cresciuta nell’Europa occidentale si chiede spontaneamente: perché i cittadini di un paese ben definito avrebbero bisogno di essere riconosciuti così fortemente anche in un altro paese? Specialmente se sono già membri dell’Unione Europea?
La Bulgaria pone l’accento sulla questione etnica; la minoranza bulgara in Macedonia del Nord rappresenta lo 0,2% della popolazione (come da censimento del 2021). La Bulgaria insiste sul fatto che l’identità e la lingua macedone siano di origine bulgara, affermazione che la maggior parte dei macedoni respinge. Insiste anche sul fatto che non esiste una minoranza etnica macedone in Bulgaria, ma che esista una grande comunità bulgara nella Macedonia settentrionale, attualmente repressa (fatto, tuttavia, smentito dai dati dell’ultimo censimento).
E così la Bulgaria ha posto il veto alla Macedonia del Nord di iniziare il negoziato con l’UE se non riconosce la minoranza bulgara come “gruppo etnico costituente” nella sua costituzione. Questo concetto ricorda molto i “popoli costitutivi” nella Bosnia ed Erzegovina (in quel caso però è un concetto che non solo è controverso, ma che sta paralizzando tale paese). In questi giorni, ad agosto 2023, il Parlamento macedone sta cercando di trovare i voti per approvare questa modifica alla Costituzione. Il principale partito di opposizione, il VMRO DPMNE, si oppone fermamente alla mossa, che ritiene dannosa e nociva per gli interessi del Paese (in cui le minoranze sono comunque tutelate da apposite norme e il gruppo più grande, gli albanesi, ha dei diritti particolari, culturali-linguistici e di partecipazione politica).
Il governo sembra non riuscire a trovare almeno otto parlamentari per approvare la modifica costituzionale e pertanto sono in gioco altre due opzioni. Il presidente del Parlamento potrebbe sospendere la sessione dopo il dibattito e fissare il voto per novembre, quando il previsto proseguimento dei colloqui di adesione con l’UE eserciterebbe ulteriori pressioni sull’opposizione, guidata dal partito di destra VMRO DPMNE, affinché ceda con il suo blocco. In alternativa, il voto potrebbe aver luogo dopo che il governo e l’opposizione abbiano concordato una data per le elezioni generali anticipate, su cui l’opposizione insiste da un anno.
In generale però la Macedonia del Nord sta subendo parecchie condizioni ulteriori che altri paesi (vedi la Croazia) non hanno dovuto affrontare. La domanda rimane: è corretto che le rivendicazioni di alcuni Paesi, che costiuiscono già una nazione, con una cultura e identità propria, prevalgano su un percorso di riforme e sulle condizioni poste dall’Unione europea? E’ giusto lasciare decidere il destino della Macedonia del Nord dalla Grecia e dalla Bulgaria? Non solo nessuno dei due paesi è stata soggetto a rivendicazioni e tattiche simili, ma sono stati entrambi avvantaggiato per il loro ingresso nell’UE (la Grecia, per la trasformazione democratica dopo la dittatura; la Bulgaria perché ammessa nel 2007 nonostante le riforme giudiziarie e anti-corruzione non fossero ancora concluse). Penso sia profondamente sbagliato cedere ai ricatti degli Stati fondati sulle loro rivendicazioni storiche. Ed è ancor più sbagliato usare due pesi e due misure. Il processo di allargamento dovrebbe poter garantire un certo tipo di equità a tutti i richiedenti. La diversità va rispettata, ma la tutela delle minoranze che esistono in tutti i Paesi è già una condizione di adesione; chiedere alla Macedonia del Nord di elevare una piccola comunità a gruppo costituente va oltre ad una sua tutela efficace e solleva anche questioni complesse riguardo allo status del secondo gruppo più grande nel paese, gli albanesi-macedoni.
Continuando così, si rafforza soltanto un fenomeno già presente negli altri paesi dell’area balcanica: la fatica e la delusione prima ancora del processo di riforme. Infatti, se l’Unione europea continuerà così, gran parte della popolazione della Macedonia del Nord, una volta euro-entusiasta, non appoggerà più il processo di adesione. E questo significa che l’Unione europea lascerà campo libero ad altri Stati, come la Russia, la Cina e la Turchia – che, ahimé, hanno ben altri interessi per l’area balcanica.