È difficile scegliere il tema da cui incominciare, gli eventi si accavallano gli uni sugli altri, proviamo a trovare il bandolo. Dopo mesi di assenza, l’altro giorno abbiamo visto e sentito Giuseppe Conte in televisione per 52 minuti e abbiamo di nuovo rivolto un pensiero grato a Mario Draghi, e con lui a Matteo Renzi e al presidente Sergio Mattarella. Vera fatica ascoltarlo, un eloquio fatuo, fitto e anche vuoto, fa sorgere l’impulso a chiudere il televisore: un grido che veniva perentorio dal proprio interno, di nuovo “quella” voce che non ha risonanze, si ha l’impressione di una parlata che non ha alcuna ragione interna per concludere, un ammasso di vacuità con in sintesi una sola parola decifrabile: voglio essere il capo unico.

Ma se non è facile costruire un partito personalizzato, impossibile è sottrarre a un partito stra-personalizzato il suo Capo. Il risultato finale dell’impresa è dato da pezzi di “stelle” vaganti, che sfiorano i buchi neri i quali le inghiottono, come avviene tra le galassie nell’universo quantistico. A questo fenomeno può far assistere la caduta nel nulla di un movimento che mi è già capitato di definire come il cancro della democrazia italiana. Quello che ha travisato le istituzioni, ha introdotto odio giustizialista e violenza parolaia in un tessuto già indebolito. Sono i tardi eredi politici, in tempo di populismo aggravato, di Di Pietro e Davigo, gli eroi della stagione di Mani pulite. Oggi, macerie su macerie. Difficile che qualcosa o qualcuno risorga da esse.

Ma qui viene un altro problema centrale, quello forse decisivo. Tra queste macerie si intravede il volto di ciò che resta della sinistra italiana, impersonata oggi essenzialmente dal Pd di Enrico Letta, la cui dichiarazione di ieri è destinata alla storia per originalità e profondità: “Seguo con rispetto il travaglio dei 5 stelle”. In serata ha anche opportunamente aggiunto che manifesta “preoccupazione”. E lo credo!! Se decidi di legare la sorte della sinistra, o meglio di ciò che resta di essa, al carro di Grillo e Conte, oggi diviso in due carri nemici, che cosa puoi immaginare di ottenere? Se fai legittimare la candidatura di Gaetano Manfredi a sindaco di Napoli davanti a una pizza (e va ancora bene per il palato…) ma con Conte, un privato cittadino, e Di Maio, a quale malora stai conducendo il partito? Il quale, nella vicinanza ai 5 stelle, era più ciò che prendeva da loro di quello che dava, e la cosa non sorprende; la sinistra italiana è in pezzi e non sa più ciò che vuole, non ha idee, se non le chiacchiere retoriche sugli “ultimi”, non ha progetti di sviluppo, non una idea di Italia, come è stato detto con grande intelligenza e coraggio da Claudio Petruccioli, intervistato dal Riformista.

Meno male che c’è Mario Draghi. E la speranza viva è che questo tramestio (non torno a pronunciare la parola “Travaglio” per ragioni che al Riformista intenderanno) non colpisca, in un modo o nell’altro, proprio il governo. Tutto sommato, la cosa non sembra possibile, che interesse avrebbe una banda di potenziali disoccupati a rinunciare, senza compensazioni, alla fortuna che gli è capitata nella vita? Conte è il solo che potrebbe volerlo, ma non ha più la capacità per forzare l’ingresso di Palazzo Chigi. L’operazione Renzi Mattarella per portare Draghi al governo ha salvato l’Italia dall’essere catalogata come il paese di Pulcinella. Eterna gratitudine degli italiani che tengono alla dignità del loro paese. Ma non si può chiudere così.

In Italia è avvenuto qualcosa di terribile, che crea dolore e imbarazzo. Le scene che abbiamo visto – quando siamo riusciti a tenere acceso il televisore – del picchiamento selvaggio avvenuto nel carcere di S. Maria Capua Vetere, nell’aprile 2020, in pieno Covid, da chi rappresentava l’autorità dello Stato, ha mostrato una vera tortura su uomini degradati e ridotti in ginocchio. Dentro questa vicenda delittuosa c’è qualcosa di mostruoso, di demoniaco. Non si può paragonare a nulla. Si staglia su tutto, è qualcosa che fa tornare alla luce, per dire così, il sottosuolo dell’umanità, dove agiscono, appunto, le potenze che hanno in orrore la luce. Nessun paragone è possibile, insisto, è l’Inferno in terra.

Ci si potrebbe fermare qui, era necessario il ricordo. Ma avverto il bisogno di una conclusione diversa, che nulla ha a che fare con il racconto di quei “poliziotti” in azione, eppure tocca il malessere della giustizia in Italia, la sua perdita di autorità e autorevolezza, il suo disperdersi nei mille rivoli di un conflitto pseudopolitico dove si perdono le garanzie di neutralità. Fatti abissalmente diversi e lontani, inutile ripeterlo, ma non sarebbe male, proprio no, che la giustizia in Italia tornasse a manifestarsi come una giurisdizione neutrale; che lo Stato tornasse nella forma sua, acquisita dopo mille battaglie, di Stato di diritto, dovunque si manifesti, dalla Cassazione alle carceri. La giurisdizione decide del destino delle vite umane, in tante forme, le più varie, il carcere può far parte dei suoi effetti, il governo, il Parlamento, le istituzioni, la giustizia prendano finalmente a cuore questa tragedia italiana.

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