Le parole del presidente francese, Emmanuel Macron, scuotono l’Europa. Il capo dell’Eliseo ha da tempo intrapreso la rotta del leader che vuole cambiare l’agenda del Vecchio Continente rispetto all’Ucraina. Nelle scorse settimane le sue dichiarazioni sul non escludere l’invio di militari Nato a Kiev e le indiscrezioni su una “coalizione di volenterosi” per addestrare le truppe ucraine direttamente nel paese invaso, avevano già provocato la dura reazione del Cremlino. Ai messaggi subliminali con le bare lungo la Senna e agli avvertimenti del governo sui soldati francesi in Ucraina, si è aggiunta anche la cattura di un cittadino francese, Laurent Vinatier, accusato di aver raccolto informazioni militari riservate sulle forze russe e agli arresti fino al 5 agosto.

Mercoledì sera, in concomitanza con gli 80 anni dello sbarco in Normandia, Macron ha calato l’asso, promettendo all’Ucraina non solo gli aerei Mirage ma anche la formazione di migliaia di soldati. “La Francia sta aiutando gli ucraini a resistere ma non vogliamo un’escalation. Molto concretamente domani, durante il mio incontro con Zelensky, lanceremo una nuova collaborazione e forniremo i Mirage 2000-5 e ci offriremo di addestrare i piloti”, ha promesso il presidente francese. E ai microfoni di France 2, Macron ha anche aggiunto che Parigi “darà formazione, armi ed equipaggiamento” a 4500 uomini, perché il suo paese “vuole la pace e noi lottiamo per essa, ma la pace non è la capitolazione dell’Ucraina”. Parole che non lasciano spazio ai dubbi, e che confermano l’impegno ormai sempre più evidente della guida dell’Eliseo rispetto alla guerra in Ucraina.

Un modo per rimettere in moto i mai sopiti piani francesi per una leadership diplomatica e militare sull’Europa, o quantomeno sull’Unione europea? Possibile. Anche perché nelle stesse ore il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, aveva dichiarato di essere un forte sostenitore dell’Unione europea, ma che “l’Ue non è lì per difendere, ma per il commercio, l’ambiente, l’economia e tante altre cose”. “Per la Difesa c’è l’Alleanza della Nato”, aveva rimarcato l’ex capo del governo norvegese. Ed è chiaro che le frasi di Stoltenberg contrastano (non poco) con le ambizioni di Parigi – e un tempo anche del tandem tra Parigi e Berlino – per l’autonomia strategica Ue. Ma le parole di Macron rientrano anche in quella nuova fase dell’Alleanza atlantica riguardo le armi e i sistemi occidentali da usare contro la Russia. Strumenti che adesso possono essere lanciati anche contro obiettivi militari all’interno della Federazione Russa e che rappresentano, se non una svolta strategica particolarmente decisiva, una novità psicologica di non poco conto.

Al Cremlino, Vladimir Putin ha incassato il colpo, ben sapendo che le armi occidentali – e in particolare i missili Usa – possono avere un impatto significativo nella percezione del pericolo per le forze russe e per l’opinione pubblica. Ma Putin è convinto da tempo che questo sia il momento di accelerare i suoi piani nei confronti dell’Ucraina. E in attesa degli aiuti Usa a Kiev (sui cui ritardi, ieri, è stato lo stesso Joe Biden a scusarsi con Volodymyr Zelensky), il presidente russo ha deciso di spingere su tutta la linea del fronte, concentrando i suoi sforzi in particolare nella regione di Kharkiv. Solo nella notte di ieri le autorità ucraine hanno comunicato di aver abbattuto 48 droni Shahed e cinque missili da crociera. E la pioggia di fuoco che continuamente cade sul territorio ucraino sembra ormai incessante. Ieri, inoltre, lo Zar è tornato ad agitare lo spettro dell’atomica. Dopo avere assicurato che la vittoria è vicina, che si raggiungerà il risultato anche con un accordo e non è necessaria una nuova mobilitazione, Putin – durante una sessione plenaria del Forum economico internazionale di San Pietroburgo – ha detto che con la bomba nucleare si potrebbero raggiungere gli obiettivi in maniera più rapida. Una frase abbastanza “tipica” della narrativa russa, e in particolare dell’attuale modus operandi del Cremlino, che da tempo usa l’arma psicologica dell’atomica.

“È possibile raggiungere gli obiettivi che abbiamo di fronte più velocemente? Lo è, ma con perdite che sarebbero direttamente proporzionate. Ed essendo consapevole della mia responsabilità, sto ancora lavorando sulla premessa del nostro Stato Maggiore e del nostro ministero della Difesa: la velocità è importante, ma avere a cuore la vita e la salute dei nostri ragazzi che combattono al fronte è molto più importante”, ha detto Putin. Il presidente russo ha ricordato anche l’importanza della dottrina nucleare, sottolineando che al suo interno sono inserite tutte le regole che devono comprendere anche i Paesi rivali per intuire quale possa essere la risposta di Mosca in caso di escalation. E il messaggio del leader russo sembra ormai chiaro: con l’arrivo delle elezioni europee, del summit in Svizzera e il G7, Mosca vuole far capire all’Occidente che non è disposta a fare passi indietro.