Gran parte delle pendenze del settore penale é affidata ai magistrati onorari: quelli delegati alla fase di giudizio – giudici di pace e di tribunale – cui vanno aggiunti i viceprocuratori. Questi ultimi si occupano delle indagini per i reati di competenza del giudice di pace e sono applicati all’ufficio “Servizio per la definizione degli affari semplici (SDAS)”. Rappresentano, inoltre, l’accusa in dibattimento, innanzi ai giudici di pace e nella maggior parte dei giudizi monocratici. Il Tribunale e la Procura della Repubblica, grazie a tali figure, vedono ridotto il proprio lavoro in una percentuale consistente. Si può affermare, con certezza, che i magistrati onorari siano essenziali per l’andamento della giustizia. Un andamento lento che si bloccherebbe del tutto se privato dell’opera di questi seimila “lavoratori precari”, che operano sia nel penale che nel civile. A loro è affidato il 40% dei procedimenti civili e oltre il 50% di quelli penali.

Come un imprenditore che vede in difficoltà la sua azienda perché la materia prima è molta, ma l’attività è lenta e la quantità degli articoli finiti non è soddisfacente e, pertanto, assume a tempo determinato nuove unità specializzate per aumentare la produzione, così il Ministero della Giustizia ha assunto nuovi magistrati per portare a termine un numero maggiore di processi. Ma privato e pubblico non rispettano le stesse regole. Al fondamentale ruolo dei magistrati onorari non corrisponde, infatti, un’adeguata tutela legale. Essi sono chiamati ad applicare il diritto, ma sono privati dei diritti. Destinatari di un contratto pluriennale a tempo determinato, rinnovabile per tre volte, non hanno alcun trattamento pensionistico, non hanno alcun regime assistenziale, ivi compresa la tutela della salute, della maternità e della famiglia, non hanno diritto a ferie retribuite. Lavoratori, dunque, “fragili” che non vedono applicate nei loro confronti le vigenti norme del diritto del lavoro.

Come in molti altri casi, anche in tale materia è dovuta intervenire la Corte di Giustizia dell’Unione Europea che, con la sentenza del 7 aprile scorso, ha riconosciuto alla magistratura onoraria i diritti negati, comparando la loro figura a quella dei magistrati ordinari. Ha, altresì, censurato il rinnovo degli incarichi a termine, previsti dal Decreto Legislativo N.116/2017 di riforma organica della magistratura onoraria, che prevede che la funzione ha natura inderogabilmente temporanea e non determina in nessun caso un rapporto di pubblico impiego. Eppure vi sono magistrati onorari con oltre 16 anni di servizio, che hanno visto più volte rinnovato il loro incarico, con un evidente abuso nell’uso di contratti a tempo determinato consecutivi. Il nostro Paese è, dunque, chiamato ad adeguarsi alla sentenza della Corte Europea e a mettere sullo stesso piano i diritti dei giudici ordinari e quelli dei giudici onorari.

Fino ad ora, dinanzi all’inerzia della politica, le innumerevoli proteste ed astensioni dal lavoro della categoria non hanno apportato alcuna modifica a questa surreale situazione: un ruolo precario senza fine, non consentito nel privato, ma tollerato – perché necessario – nel pubblico. Dopo la recente sentenza della Corte di Giustizia europea, vi dovrebbe essere un urgente obbligo a intervenire. Cosa accadrà? Non è facile fare previsioni. Certo è che, allo stato, vi è una giustizia ingiusta con se stessa. Se è vero che i magistrati ordinari sono vincitori di concorso e quelli onorari no, tale differenza pur comportando specifiche conseguenze, come, ad esempio, per l’attività che viene svolta, non può diversificare i diritti fondamentali dei lavoratori.

Ma chi rema contro? La politica? La magistratura? La politica non farebbe altro che applicare le norme del diritto del lavoro; la magistratura, pronta a condannare il privato che costringe i suoi dipendenti allo stesso trattamento, non dovrebbe opporsi, se non per ragioni corporative. Eppure siamo convinti che “le correnti” saranno contrarie e il natante dei magistrati onorari, nonostante la sua stazza e l’incredibile numero di persone a bordo, troverà mille difficoltà a raggiungere il porto dei diritti, malgrado il vento favorevole che viene dall’Europa.