In gergo si chiama garantismo a dondolo. Oppure giustizialismo a dondolo. Quando questi due fenomeni sono presenti contemporaneamente si assiste a giravolte politiche talvolta imbarazzanti per un osservatore neutro, considerate invece naturali ed eleganti da gran parte della stampa e del mondo politico italiano. In cosa consiste il garantismo a dondolo, o a pendolo, o a saliscendi? Nell’alternarsi di impeti libertari a improvvise fiammate autoritarie. L’alternanza, in genere, non avviene in modo causale. Funziona così: se un tuo amico finisce sotto accusa da parte della magistratura tu sei garantista, se invece finisce sotto accusa un tuo avversario vieni colto da indignazione forcaiola.

Nella politica italiana tutto funziona così. E ancora di più nei giornali italiani. Se si esclude un drappello piccolissimo di giornalisti e di parlamentari, tutti gli altri sono del partito del dondolo. Persino tra i forcaioli più forcaioli vincono in alcune occasioni degli empiti garantisti. Per esempio proprio ieri Il Fatto Quotidiano pubblicava ben due articoli garantisti. Quello di Travaglio, a difesa di Basentini, nel quale si giungeva addirittura ad esprimere opinioni rispettose verso il magistrato di Sassari Riccardo De Vito (quello che ha scarcerato Zagaria, con un provvedimento umanitario e in linea con la legge e la Costituzione) allo scopo di difendere Bonafede e un po’ persino Basentini (ex Dap) dalla furia di Giletti. E poi un altro articolo a difesa del carabiniere Scafarto, nel quale l’articolista si spingeva su posizioni estreme, contestando le intercettazioni e – per la prima volta in dieci anni di vita – spiegando quello che chiunque, se pensa, sa, ma che mai si dice: che le intercettazioni possono essere manipolate a piacere e senza difficoltà (talvolta persino senza dolo) dal Pm. Davvero sorprendente questa ammissione che manda al macero un decennio di tradizioni giornalistiche di Travaglio. (Ammenochè il motivo vero di questa giravolta non sia qualche diffamazione da risarcire, per esempio verso Luca Lotti…).

Il “dondolamento” sta raggiungendo vette altissime con la questione coronavirus. La lotta è tra chi sostiene che la colpa di questa epidemia sia del governatore lombardo Fontana e chi pensa che sia invece tutta colpa del premier Conte e del ministro Speranza. Le due posizioni si ritrovano unite su un punto: la caccia all’untore. Se leggete la Colonna Infame di Manzoni, vedrete che gli argomenti sono cambiati solo un po’ rispetto ai giorni della peste del ‘600. Comunque c’è una opinione pubblica, sostenuta dall’establishment, che ritiene che se c’è una epidemia ci sono anche gli untori. E vuole metterli alla ruota della tortura, questi untori, e poi farli squartare dai cavalli in corsa. Successe così anche col terremoto dell’Aquila, qualche anno fa, quando furono processati gli scienziati.

La magistratura ci sguazza, in questo clima, e apre indagini su indagini. E se qualche giudice temerario archivia, i sostenitori di Fontana o di Conte – o viceversa – si scagliano contro di lui. Volete sapere perché la magistratura è così potente oggi in Italia ed è riuscita a trasformare questo paese da Stato di diritto a Repubblica delle toghe? Esattamente per questa ragione. Nessuna forza politica (tranne, ma non in modo compatto, Forza italia e piccole frange del Pd e i radicali) rinuncia al forcaiolismo come strumento di lotta politica. E in queste condizioni vincono sempre i Pm. Che possono anche sbattersene di magistratopoli e continuare a farla da padroni.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.