Si è concluso lo scorso fine settimana a Firenze il ventitreesimo congresso nazionale di Magistratura democratica. Il congresso si è svolto, per pura coincidenza essendo stato programmato da tempo, proprio all’indomani dell’approvazione da parte del Consiglio dei ministri della riforma della giustizia penale, fortemente voluta dalla Guardasigilli Marta Cartabia.

L’approccio delle toghe di sinistra al testo di riforma, che approderà in Parlamento per la discussione, salvo imprevisti, il prossimo 23 luglio, non è stato pregiudizialmente negativo. Fra gli aspetti di maggiore interesse, certamente quelli relativi all’esecuzione della pena e al carcere che, secondo i desiderata della ministra, dovrà tornare ad essere “l’extrema ratio”. Le misure alternative, ad esempio, verranno date già dal giudice della cognizione, invece che dal magistrato di sorveglianza, eliminando molti passaggi ed accorciando i tempi della decisione. Molto apprezzata è stata anche la parte, in ottica sostitutiva della detenzione, sulla “giustizia riparativa”, il percorso di “riconciliazione”, sempre su base volontaria, fra vittima e reo. Come tutte le cose belle c’è, comunque, un ‘però’.

La riforma Cartabia, infatti, per poter funzionare correttamente necessita, per le toghe di Md, di un provvedimento che solo a pensarlo rischia seriamente di far cadere il governo: l’amnistia. L’arretrato di fascicoli in secondo grado, è stata la premessa, ha raggiunto livelli insostenibili. L’amnistia sarebbe, allora, l’unica soluzione per evitare che in appello, dove dopo due anni scatta “l’improcedibilità”, finiscano su un binario morto decine di migliaia di procedimenti. Il tema dell’amnistia è stato introdotto dal giudice del Tribunale di Torino Andrea Natale: «Per non far partire il nuovo processo con un fardello che rischierebbe di comprometterne l’efficacia, suggerisco di prendere in seria considerazione una parola scomparsa dal dibattito pubblico. La dico sottovoce: amnistia. Perché un’altra storia possa iniziare da qui. Per davvero». L’ultima amnistia in Italia venne varata nel 1990 durante il Sesto governo Andreotti. Presidente della Repubblica era Francesco Cossiga. I reati oggetto di amnistia furono quelli con pena massima fino a quattro anni. Molte le fattispecie penali vennero escluse dal provvedimento di clemenza, come ad esempio quelle contro la Pubblica amministrazione.

«I tanti, troppi, processi per reati minori, anche legati al conflitto sociale, che oggi ingolfano i Tribunali andrebbero eliminati, liberando quindi risorse ed energie per la fase del processo penale rinnovato», ha sottolineato il giudice Natale per giustificare la propria riflessione sul punto. L’idea dell’amnistia per reati ‘bagatellari’ è stata poi ribadita dal pm di Reggio Calabria Stefano Musolino durante la tavola rotonda dedicata alla discussione sulle riforme. «Il futuro sistema della prescrizione è ragionevole, anche se si può discutere sulla capacità di alcune Corti di appello di smaltire i processi. Un’amnistia per reati con pena edittale bassa potrebbe essere utile», ha detto Musolino. Far piazza pulita di processi che si trascinano da anni, secondo le toghe di Md, aiuterebbe molto a rispettare le nuove tempistiche previste dalla riforma, evitando che finiscano in un nulla di fatto anche processi importanti. Ovviamente le toghe di Md sanno bene che votare un provvedimento di amnistia è pressoché impossibile con l’attuale compagine parlamentare.

La maggioranza richiesta è altissima: i due terzi dei componenti delle Camere. E quindi, anche ipotizzando che Forza Italia, Italia Viva e, forse, Pd, siano favorevoli ad un provvedimento di amnistia, senza i voti di Lega, Movimento cinque stelle e Fratelli d’Italia, è tutto destinato a rimanere nel libro dei sogni. Vale la pena ricordare che Papa Giovanni Paolo II, in occasione del Giubileo del 2000 si era molto battuto affinché il Parlamento approvasse una amnistia. Ma anche se i rapporti di forza erano diversi dagli attuali, con una maggioranza almeno sulla carta di partiti di ispirazione liberale e riformista, l’appello al Parlamento di Wojtyla naufragò miseramente.