Maia Sandu ha vinto le elezioni presidenziali in Moldova, ma senza il voto dei residenti all’estero non avrebbe raggiunto il 55%. Proprio come per il referendum pro-Europa, la Moldavia respinge le intrusioni russe grazie a chi non vive lì. Le elezioni nei paesi costieri del Mar Nero: Moldova, Georgia e Bulgaria, fanno notizia per il ritorno di influenze della Russia in zone che fino a 35 anni fa erano parte del blocco sovietico, ma meno per le concause per cui le pressioni di Mosca sono ancora possibili, oltre che eversive.
La fine di (quella) storia, sancita dalla caduta del Muro di Berlino, non ha mai segnato la nascita di democrazie liberali fondate sulla legalità internazionale e il rispetto dei diritti umani. Buona parte della responsabilità sono “nostre”, nel caso di specie dell’Unione europea che, di fronte al bivio della storia, ha preso la strada pianeggiante del quieto vivere social-burocratico invece che quella, impervia e sdrucciolevole, della politica liberale. E così in Moldavia si è potuto creare un territorio, la Transnistria, dove, grazie al controllo del fiume Dnestr, passano traffici illeciti di ogni tipo dal Mar Nero verso il continente. Oltre alla falce e martello sulla bandiera, in Transnistria son presenti militari russi.
Nei primi ‘90 in Georgia abbiamo assistito a un conflitto armato interno che ha alienato quasi un quinto del territorio dal governo di Tbilisi – secessioni consolidata nell’estate del 2008 con intervento militare russo per “proteggere” Abkhazia e Ossezia del sud dal governo centrale. Anche qui truppe russe son tornate nelle ex-basi sovietiche. La Bulgaria, che sovietica non è mai stata, ha dovuto aspettare fino al 2007 per entrare nell’Ue e al marzo 2024 per far parte di Schengen. L’Ue è un progetto politico nato per portare la pace attraverso la protezione e promozione dei diritti umani, aver tenuto alla porta milioni di persone che avevano vissuto sotto dittature del proletariato è stato uno dei più gravi errori dell’ “Occidente”. All’indomani della caduta dell’URSS occorreva accompagnare decine di paesi in un processo di riforme istituzionali, quindi anche di cultura e pratica politica, non per “esportare” la democrazia ma per far sì che la forza della legge prendesse il posto delle violenze di un’ideologia liberticida e omicida – dopotutto l’Ue ha vinto un Nobel per questo, no?
E invece, malgrado alla Casa Bianca fosse arrivato Bill Clinton, il più giovane Presidente USA, il timore dello stravolgimento, magari pure “etnico”, dell’Unione e dei costi dell’allargamento hanno fatto sì che piano piano, a partire da Mosca, le altre capitali dell’ex “impero sovietico” attuassero modifiche cosmetiche delle istituzioni lasciando che si creassero le condizioni per la trasformazione dei vecchi Politbüro in piovre criminali e dei nuovi governanti in cleptocrati intenti a creare oligopoli para-pubblici di sfruttamento di risorse naturali e lavoro. In Moldova nel 2025 si vota per il Parlamento, in Georgia i riconteggi han confermato la vittoria del partito di governo, la Presidente Zourabichvili denuncia frodi e furti di voti e l’opposizione ha annunciato il boicottaggio del Parlamento. In Bulgaria le contestate seste elezioni in tre anni non è detto che porteranno alla formazione di un governo. Preoccuparsi delle influenze russe, come imporre sanzioni, non basta, occorre rompere gli indugi e trattare i nostri vicini da “europei”.