Ambrogio
Maledetti urbanisti, hanno rovinato l’urbanistica
La domanda nasce spontanea: ma non è che dietro le roboanti frasi contro il “Salva Milano”, quali “la morte dell’urbanistica”, “il rischio per tutte le città”, “il ritorno alla speculazione immobiliare”, sollevate dagli urbanisti dell’INU, l’Istituto Nazionale di Urbanistica, e della SIU, la Società degli Urbanisti, non si nasconda una malcelata difesa di parte? Di parte della disciplina (quella dell’urbanistica regolatoria contrapposta alla progettazione urbana) e di parte della politica (quella contraria a qualsiasi riforma)?Tutti conveniamo su come l’urbanistica italiana sia figlia di un ipertrofico quanto inefficace apparato legislativo, nazionale e regionale, figlio della “Costituzione più bella del mondo”, totalmente superato e inadeguato a rispondere alle esigenze della società contemporanea. Apparato di una tale complessità che ha reso necessario introdurre le cosiddette “semplificazioni”, che hanno determinato enormi contraddittorietà tra le fonti legislative nazionali e regionali, a tal punto da far ritenere dalla magistratura inquirente, che i provvedimenti adottati nel comune di Milano siano del tutto illegali.
La legge del governo fascista
Sono passati oramai più di 80 anni dal 1942, quando fu varata la legge urbanistica n. 1150. Una legge allora rivoluzionaria, varata dal governo fascista per contenere lo strapotere dei Podestà che, nelle città italiane, distribuivano diritti edificatori in modo del tutto discrezionale. Come noto la legge determinava l’obbligo alla pianificazione dell’intero territorio comunale (urbano, agricolo e naturale), con l’obiettivo di gestire il fenomeno, allora prevalente e oggi inesistente, della crescita demografica e spaziale delle città. Chiunque sa come gli attuali problemi di governo del territorio in presenza di stagnazione demografica, cambiamenti climatici, rischi naturali (idrogeologici e sismici) e di sempre maggiori istanze di tutela (paesaggistiche e ambientali), siano completamente diversi da quelli di allora. Ed è certo che le varie leggi urbanistiche regionali che si sono succedute negli anni in applicazione della regionalizzazione delle competenze, per cui ogni regione ha necessità di una propria legge, peraltro quasi sempre scritta dalla penna degli stessi urbanisti che si rivoltano oggi contro il “Salva Milano”, hanno portato risultati modestissimi. Malgrado la proliferazione di normazione e creatività di urbanisti e legislatori, sia per i contenuti che i neologismi introdotti con i “nuovi” Piani Regolatori.
Piani dai nomi più disparati (Piano Strutturale, Regolamento Urbanistico, Piano Urbanistico Comunale, Piano di Governo del Territorio) la cui gestazione, peraltro e con buona pace per i consulenti delle amministrazioni locali (quasi sempre gli urbanisti di cui sopra, oramai non più progettisti di città, ma progettisti di norme), dura talmente tanti anni da essere già superati una volta giunti al traguardo dell’approvazione. Piani che nella sostanza non differiscono molto da quelli della legge del ’42. Infatti anche oggi si pianifica, e si deve pianificare, tutto l’intero territorio comunale attribuendo i diritti edificatori alle aree private, disegnando l’assetto viario principale e individuando opere pubbliche e aree a servizi pubblici.
Che Dio ci salvi dagli urbanisti
Valutandola con un po’ di distacco, l’intera legislazione urbanistica regionale di questi anni appare ispirata da un mix di autoreferenzialità tra urbanisti e politica locale, sempre alla ricerca di un più incerto consenso elettorale. Una legislazione dove prevale il disinteresse su effettualità ed efficacia delle norme e sulla valutazione del loro impatto. Così, quando oramai anche “rigenerare” è diventato un termine inflazionato, il Parlamento si appresta a varare una legge che, senza minimamente pensare di abrogare quelle esistenti, aggiunge nuove norme a vecchie norme, rendendo sempre meno rilevante il contributo degli urbanisti che progettano città a favore di quelli che progettano norme sempre complesse e che piacciono sempre di più ai nostri avvocati, con buona pace della magistratura. Insomma, allo stato, non ci resta che augurarci che il Parlamento ci salvi Milano e che Dio ci salvi dagli urbanisti!
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