Le opere contro il dissesto idrogeologico
Maltempo, Giani e il trauma Toscana: “Dopo alluvione ’66 abbiamo lavorato: Firenze salvata da casse espansione Arno”

La Toscana rappresenta una sorta di best practice nelle opere contro il dissesto idrogeologico. “Non per meriti”, ci dice subito il Presidente Eugenio Giani,“ma per lo shock dell’alluvione del 1966. Da allora ci siamo messi a lavorare”.
Mentre telefoniamo a Giani è di ritorno da Fiorenzuola, uno dei tre comuni della “Romagna Toscana” colpiti dall’alluvione di questi giorni. Il confine tra le due regioni qui non è geografico ma politico, e sono i comuni a monte di Cesena, Imola e Forlì.
Giani ci racconta che l’acqua caduta è la stessa che ha colpito la Romagna, ma nonostante le 200 frane che hanno fortemente intaccato la viabilità, non ci sono state esondazioni. Anche il fiume Lamone che è esondato a valle in Emilia nasce nel comune toscano di Marradi.
Certamente è più facile lavorare a monte che a valle, ma le opere fatte in Toscana negli anni hanno evitato gli allagamenti. Il caso più famoso è quello di Pisa che nel 2020 si è salvata dall’alluvione grazie alla cassa di espansione di Roffia, inaugurata poco prima grazie all’accelerazione dell’unità di missione Italia Sicura. Giani ci racconta che sono tre gli interventi più importanti realizzati per la messa in sicurezza dell’Arno: il lago di Bilancino, su un affluente importante la Sieve, costruito dalla regione 20 anni fa, che a monte trattiene 67 milioni di metri cubi d’acqua e ha una funzione non solo di sicurezza alluvionale, ma anche di distribuzione dell’acqua in momenti di siccità. Infatti la Toscana, a differenza di altre regioni, non ha avuto problemi di rifornimento nell’ultimo periodo di secca. Lo scolmatore di Pisa, e il bacino di Roffia. Messo in sicurezza il fiume principale ora si sta lavorando per gli affluenti: sono in corso quattro casse d’espansione che all’altezza di Filine Valdarno potranno laminare l’acqua in caso di eccesso di portata del fiume, e altre due per il fiume Serchio.
Sull’Albenga dopo l’alluvione di qualche anno fa, è stato risagomato il corso allargando gli argini, ed anche lì è in corso un intervento di cassa d’espansione molto forte. Sulla Magra, al confine con la Liguria, dove ci fu l’alluvione di Aulla undici anni fa, sono in corso i lavori per la sistemazione degli argini. La Toscana dal 2012 ha deciso di dedicare 100 milioni l’anno per le opere di prevenzione del rischio, e al momento sono 600 i milioni del bilancio interno dedicati per le 91 opere già in cantiere, più i 60 assegnati dal Pnrr.
L’ex governatore Enrico Rossi ci ricorda le grandi alluvioni che ha dovuto affrontare nel suo mandato: quella della Lunigiana nel 2010, e poi quella di Grosseto e di Livorno. “Dalle quali siamo usciti più in sicurezza – ci dice Rossi – non essendoci limitati a mettere a posto ma realizzando le opere per ridurre il rischio”. “A parte il caso della Lunigiana in cui l’allora primo ministro Monti mi tolse i poteri commissariali” racconta Rossi “sugli altri con il premier Renzi, Italia Sicura e i poteri commissariali, abbiamo lavorato speditamente. Riassumendo i 250 milioni che comuni e province tenevano fermi da anni, in aggiunta a quelli che mise a disposizione il governo Renzi. I poteri commissariali sono stati indispensabili perché se devi fare una cassa d’espansione sul territorio i nimby si mettono contro. Poi ho fatto una riforma dei consorzi portandoli da 33 a 6 e mettendoli a lavorare sulla manutenzione. E abbiamo fatto una legge sul zero consumo di suolo, una sulla non costruzione sull’alveo dei fiumi, e una sullo stombamento. Spero che queste leggi vengono mantenute, non come accaduto a Renzi; con lui ho litigato per diversi motivi ma non su questo, e non capisco perché Conte lo abbia cancellato. In questo strano paese può accadere”.
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