Quattro figli, tutti morti in un’età compresa tra i 19 giorni e i 19 mesi. Tutti trovati soffocati nella culla. Per i giudici non c’erano dubbi: li aveva uccisi la loro mamma. Kathleen Folbigg nel 2003 è stata condannata a 30 anni di carcere per quei 4 infanticidi. A nulla servirono le sue urla e la disperazione di una donna che gridava la sua innocenza: per tutti lei era “la peggiore serial killer d’Australia”. Eppure, 20 anni dopo, una scoperta scientifica mette in dubbio la condanna di quel caso di cronaca che fece scalpore in tutto il mondo. Si tratta della scoperta di un gene (CALM2, molto raro) che potrebbe aver causato la morte naturale dei bimbi. L’inchiesta potrebbe concludere che esiste un “ragionevole dubbio” sulla colpevolezza di Folbigg. Giovedì la Cporte deciderà sulle sorti di questa mamma: il giudice potrebbe raccomandare che la donna venga graziata e potrebbe riferire a una corte d’appello per valutare l’annullamento delle sue condanne.

Le prove hanno infatti dimostrato che le sue figlie avevano una variante genetica e un figlio aveva un disturbo neurogenetico molto rari. Tutti e quattro i bambini sono morti nell’arco di tempo di 10 anni. Il suo primo figlio, Caleb, è nato nel 1989 ed è morto 19 giorni dopo per quello che la giuria ha stabilito essere il reato minore di omicidio colposo. Il secondo figlio, Patrick, aveva 8 mesi quando morì nel 1991. Due anni dopo, Sarah morì a 10 mesi. Nel 1999, la quarta figlia di Folbigg, Laura, morì a 19 mesi. Flobigg fu condannata a 30 anni di carcere che dovrebbero finire nel 2033. Nel 2018 spunta però una nuova evidenza scientifica: entrambe le figlie erano portatrici di una rara variante genetica, CALM2, e questa è stata una delle ragioni per cui è stata riaperta l’inchiesta.

La consulente nell’inchiesta Sophie Callan, che assiste Tom Bathurst, ha detto di aver concluso che, sulla base delle prove scientifiche e mediche ascoltate da novembre, Folbigg non è colpevole al di là di ogni ragionevole dubbio di tre capi d’accusa di omicidio e uno di omicidio colposo. Come riportato da LaPresse, Callan ha dichiarato che le prove di esperti nei campi della cardiologia e della genetica indicano che la variante genetica CALM2-G114R “è una causa ragionevolmente possibile” della morte improvvisa delle figlie. Anche la miocardite, un’infiammazione del cuore, era una “causa ragionevolmente possibile” della morte di Laura, ha detto Callan. Per quanto riguarda Patrick, Callan ha affermato che c’erano “prove esperte convincenti che, come ragionevole possibilità, un disturbo neurogenetico” ha causato la sua morte improvvisa. Così è sorto il dubbio che la mamma non avesse ucciso i suoi bambini.

All’epoca delle indagini fu il diario della donna a incastrarla. Secondo l’accusa lì vi erano annotate le ammissioni di colpa della donna in frasi che però risuonano oggi un po’ ambigue. Parole come “con un po’ d’aiuto”, annotate nel giorno della morte di una delle bambine. Fu suo marito a consegnare quei diari convinto che fossero la prova della sua colpevolezza. Tuttavia, chi poteva mai uccidere quattro bambini nella loro stessa culla se non la madre? Callan ha però detto che psicologi e psichiatri hanno dimostrato che sarebbe “inaffidabile interpretare le annotazioni in questo modo”. Folbigg soffriva di un disturbo depressivo quando ha scritto gli appunti, ha detto Callan. “Questo getta in una luce molto diversa le espressioni di colpa e di responsabilità della signora Folbigg per la morte dei suoi figli nei suoi appunti”, ha detto Callan. A questo si aggiunge la scoperta nel Dna della donna del gene che può agire da killer silenzioso. Questo apre a un nuovo scenario e alla possibilità che la donna venga scagionata.

Per Kathleen Follbigg resta un dolore incommensurabile e il peso di una vita difficile sulle spalle: la morte precoce di sua madre, accoltellata dal padre quando lei aveva un anno e mezzo, lo stillicidio della perdita di quattro figli, uno dopo l’altro, l’ostilità del marito che l’ha creduta un mostro, l’accanimento di una nazione e forse del mondo intero che ha trattato il suo caso con morbosità mediatica. E chissà quanto pesante potrà essere per lei anche il senso di colpa di aver trasmesso ai suoi bambini il gene che li ha uccisi.

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Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.