I suoi figli sono gravemente malati e necessitano di trasfusioni tre volte a settimana. Il buonsenso e la Costituzione vorrebbero che alla madre, una 40enne detenuta a Pozzuoli, fosse consentito di assisterli con continuità, senza fare la spola tra casa e carcere in un periodo in cui gli spostamenti sono limitati per arginare la diffusione del Coronavirus. E invece no: il pm si oppone costringendo la donna a un calvario e trasformandola in un potenziale veicolo di contagio per le compagne di cella. Protagonista della vicenda è Claudia (nome di fantasia) che sconta una pena definitiva. I figli di sei e sette anni sono affetti da una grave forma di emofilia che rende necessarie per loro tre trasfusioni a settimana.

Per assistere i bambini in quei delicati momenti nella loro casa a Maddaloni, in provincia di Caserta, Claudia ha già chiesto e ottenuto dal magistrato di sorveglianza di Napoli un permesso di necessità. In un secondo momento, invece, è stata autorizzata a uscire alle 14 dal carcere e a farvi rientro alle 21, da sola e tre volte a settimana. Poi si scatena la pandemia e Carlotta Giaquinto, direttrice del carcere di Pozzuoli, chiede al giudice che Claudia possa scontare la pena a casa. Nulla lo vieta: né la legge né il senso di umanità cui fa riferimento l’articolo 27 della Costituzione né quella saggezza che dovrebbe suggerire l’adozione di qualsiasi misura utile a contenere la diffusione del virus. Dal magistrato di sorveglianza arriva l’ok: Claudia potrà assistere i suoi figli sulla base di un permesso che le consentirà di scontare la pena a casa per tutto il mese di aprile.

Peccato, però, che a bloccare tutto sia il pm, secondo il quale il riferimento a “tutto il mese di aprile” è generico e il permesso già accordato a Claudia non può diventare “permanente”. Con buona pace dei figli della 40enne, che non potranno essere assistiti 24 ore al giorno dalla madre, e delle sue compagne di cella, visto che Claudia è senz’altro più esposta al rischio di contrarre il Coronavirus.

Durissimo il commento di Samuele Ciambriello, garante campano dei detenuti: “La scelta del pm lascia perplessi – osserva – L’auspicio è che a questo soffio di gelida crudeltà burocratica da parte di chi amministra le leggi possa seguire una scelta di buonsenso che consenta a una madre di assistere i suoi figli e alle recluse nel carcere di Pozzuoli di non correre rischi proprio nei giorni in cui è atteso il picco della pandemia”.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.