“Dopo il 3 aprile farò tutto ciò che adesso non posso e non voglio fare perchè, anche se mi costa tantissimo, la salute di tutti è importante”. Scrive così su Facebook Carmela Rossi, 35 anni, impiegata di Napoli. In poche parole parole racconta i desideri e i sogni di tanti italiani che nel giro di poche ore si sono ritrovati costretti in casa, a contatto diretto con la paura del contagio. “La prima cosa che farò dopo il 3 aprile sarà un brindisi con i miei amici a meno di un metro di distanza tra noi. Non useremo bicchieri ma ci passeremo la stessa bottiglia come facevamo durante i falò in spiaggia”.

“Il 4 aprile quando arriverò in ufficio vorrò riabbracciare e baciare tutti i miei colleghi, anche quelli che mi stanno antipatici, perchè in questa quarantena forzata ho scoperto quanto sia importante anche un solo lieve tocco tra noi. Mi manca battere il 5 al mio compagno di scrivania. Poi una volta uscita da lavoro voglio iscrivermi in palestra: non ci sono mai andata ma l’idea di non poterci andare mi ha fatto venire voglia di allenarmi. Voglio andare a fare la spesa serenamente, senza trovare uno scenario postbellico: gente che corre ai supermercati, compra cibo in scatola, acqua e provviste come se si dovesse chiudere in un bunker. E voglio trovare la carta igienica sugli scaffali, non come adesso che sembra che più che il coronavirus ci sia influenza intestinale diffusa. Voglio anche andare a comprare l’Amuchina, ma non voglio più ritenerlo l’oggetto della salvezza, pagato a peso d’oro. L’unico tampone di cui vorrò sentir parlare è un assorbente interno e la relativa lotta per detassarli”.

“E voglio rivedere mia nonna. Perchè mai come in questo momento vorrei riabbracciarla forte e baciarla. Voglio tornare a baciare mio marito in pubblico senza che sembri di essere tornati indietro nel tempo all’Età Vittoriana quando simili effusioni in pubblico destavano scandalo. Voglio starnutire allegramente e con fare liberatorio perchè ho l’allergia, senza creare il vuoto intorno a me. E voglio anche accompagnare di corsa a scuola mia figlia (anche se per questo probabilmente dovrò aspettare che passi anche Paqua e Pasquetta e forse anche qualche allerta meteo del caso e altre festività che avranno inventato fino al 3 aprile, tipo la festa della liberazione dal Coronavirus o la celebrazione della guarigione collettiva)”.

“Poi voglio stare sul divano a guardare la tv, voglio cambiare canale e trovare un programma differente, cambiarlo ancora e trovare qualcosa di ancora differente, non voglio più vedere solo aggiornamenti sul coronavirus. Voglio guardare la Tv senza dover andare nel panico: voglio addirittura farmi una risata. E voglio uscire senza il timore di imbattermi in una folla che potrebbe avere germi (come se prima si fossero sempre lavati tutti le mani con il disinfettante). Voglio pure andare a un concerto dove si poga, uno contro l’altro, senza pensare di star rischiando la vita. Voglio anche fare bodysurf e passare di mano in mano senza chiedermi se prima se le sono lavate. Ma la cosa che non vorrò certamente più avere è la paura. Quella sensazione di vulnerabilità a tutto. L’impressione di non poter fare nulla per evitare di ammalarmi, io o qualcuno che amo. La paura di essere contagiati e di contagiare senza saperlo. Quella brutta sensazione che poi fa perdere la lucidità. Oggi ci penso e conto i giorni che mi separano da quel 3 aprile. Infondo manca poco.”

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