Mandato arresto Netanyahu, Elber smonta tutto: “Non ha base giuridica, zero prove, niente indagini”

I mandati di arresto verso Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant «non hanno nessuna base giuridica ma sono una chiara manovra politica per delegittimare Israele». Esistono prove concrete nei loro confronti? «No, nessuna». E sono state fatte delle indagini? «No, nessuna». David Elber – esperto di diritto internazionale e autore di diversi libri sulla legittimità dello Stato ebraico – smonta pezzo per pezzo la decisione della Camera preliminare I della Corte Penale Internazionale.

Quei mandati di arresto hanno solidità giuridica o sono fondati solo su ragioni politiche?
«Non hanno nessuna base giuridica ma sono una chiara manovra politica per delegittimare lo Stato di Israele. Non appena Israele ha iniziato le operazioni militari a Gaza, per la Corte Penale era già tutto chiaro: Israele era colpevole, a prescindere, di crimini di guerra. Per il procuratore Khan era necessario raccogliere le prove dei crimini di un’organizzazione terroristica mentre uno Stato democratico e di diritto, vittima di un eccidio, avrebbe dovuto – lui – presentare prove che dimostrassero che le proprie azioni fossero nei termini di legge in modo da non essere indagato».

Esistono prove concrete contro Netanyahu e Gallant?
«Nessuna. Le prove di accusa di Khan si basano su voci raccolte da “esperti” mai stati in loco, ma ragguagliati da operatori di Ong dalla lunga tradizione anti-israeliana. In quale Tribunale non politico si è mai assistito a una cosa del genere?».

Ci sta dicendo che non sono mai state fatte delle indagini?
«No, nessuna indagine. Tanto è vero che era stata accordata una Commissione d’inchiesta congiunta tra le autorità israeliane e il procuratore Khan e il suo team. Cosa che è stata annullata quando Khan ha richiesto il mandato d’arresto prima che la Commissione congiunta potesse iniziare le indagini».

In sostanza si tratta solo di illazioni?
«Sì, nulla più che illazioni atte a delegittimare Israele nella più pura tradizione del Lawfare inaugurato a Durban nel 2001, visto che delle indagini vere e proprie non sono mai state fatte».

Dunque dietro tutto ciò si nasconde un disegno per danneggiare Israele?
«L’Onu è diventato un potentissimo strumento di delegittimazione dell’unico Stato ebraico al mondo. Basta vedere che le risoluzioni partono sempre da Stati dittatoriali che non rispettano i più elementari diritti umani ma che godono di una maggioranza automatica in tutte le sedi Onu. La quasi totalità dei paesi islamici non riconosce il diritto all’esistenza dello Stato di Israele: lei pensa che i giudici nominati da questi paesi siano “imparziali”?».

Però nel mirino c’è anche Mohammed Deif, comandante militare di Hamas…
«Questo non vuol dire nulla, anzi… Per prima cosa Deif con ogni probabilità è morto. Ma questo ha poca importanza. Un mandato d’arresto nei suoi confronti non ha nessuna validità pratica. I suoi spostamenti sono sempre stati limitatissimi: Egitto, Iran e pochi altri paesi. Lei pensa che l’Egitto o l’Iran lo consegnerebbero alla CPI? Inoltre equiparare il primo ministro e il ministro della Difesa di uno Stato di diritto con uno dei più feroci terroristi non è una vera equidistanza: è un ulteriore abominio».

Non è la prima volta che la posizione della CPI manda su tutte le furie lo Stato ebraico…
«Qui la posta in gioco è il doppio standard che si vuole applicare unicamente a Israele. Sull’operato di questo Tribunale ci sarebbe tantissimo da dire. Voglio solo ricordare che gli Stati Uniti non ne fanno parte. Anzi, in forza a una loro legge (l’American Servicemembers’ Protection Act del 2002), se un giudice del Tribunale Penale Internazionale provasse ad arrestare un militare o un civile americano andrebbe incontro a sanzioni o ad arresto. Questo per dire che fiducia hanno in questo Tribunale».

Perché si sono alimentate fortissime polemiche contro il procuratore Khan?
«Perché è un personaggio ambiguo e non certo “lindo”. Sono state pubblicate notizie di casi di molestie che lo vedrebbero protagonista. Qual è stata la sua prima e unica reazione agli scoop? Accusare non precisati “poteri” di volerlo diffamare in quanto ha avuto il coraggio di accusare quel “mostro” di Netanyahu e il suo ministro della Difesa di crimini di guerra. Peccato che l’indagine a suo carico fosse partita prima della sua risibile e illegale accusa di crimini di guerra. Infine si è scoperto anche che Khan presta servizio per lo studio legale britannico Bindmans, uno studio legale impegnato “alla difesa dei diritti dei palestinesi”. Strana coincidenza o conflitto di interessi?».

Il governo Meloni è critico verso la sentenza ma il diritto internazionale va rispetto. Se il premier israeliano mettesse piede in Italia lo dovremmo arrestare senza alternative?
«Non penso si arriverà mai a questo. Chiaramente è una decisione politica che sta alla base di un procedimento d’arresto, sarebbe un fatto gravissimo. Però bisogna sapere che le visite di Stato sono concordate nei dettagli molte settimane prima che esse avvengono, perciò se fosse in programma una visita di Netanyahu in Italia sicuramente sarebbe cancellata o rinviata fintanto che la situazione non permetta una visita in estrema sicurezza».