Manfred Weber, tedesco, europarlamentare dal 2004, alla guida del Partito Popolare Europeo da un anno, non ha dubbi: la connazionale Ursula Von Der Leyen, attuale presidente della Commissione Europea sarà lo “Spitzenkandidat” del PPE, cioè il candidato presidente per la prossima campagna elettorale delle europee del giugno 2024. Manca la sua accettazione, certo, ma la dichiarazione di oggi di Weber in una intervista al prestigioso quotidiano tedesco FAZ-Frankfurter Allgemeine Zeitung, è gia di per sé una chiara investitura. Ma non solo. Nell’intervista detta anche le condizioni, dal punto di vista ovviamente del PPE, per le alleanze della prossima legislatura.

“Ursula von der Leyen deciderà al momento giusto se vuole ricandidarsi nuovamente”, ha detto Weber alla FAZ., aggiungendo: “Se lo farà pubblicamente, allora avrà sicuramente la prima posizione nel PPE“. Il ramoscello di ulivo alla Von Der Leyen arriva dopo alcuni mesi un po’ burrascosi nelle dinamiche interne del Partito Popolare a Bruxelles, dopo che a gennaio era stato lo stesso Weber a dire che la Von Der Leyen e Roberta Metsola, attuale Presidente del Parlamento europeo, erano entrambe ottime candidate. E non è un caso che arrivi dopo che durante questi mesi lo stesso Weber si era fatto portavoce di coloro che dentro il PPE pretendevano un cambio di maggioranza a Bruxelles, spingendo affinché i popolari evitassero l’accordo coi socialisti e aprissero ad una alleanza – inedita per l’Europa – con l’ECR, i conservatori di destra, guidati in Europa da Giorgia Meloni. La Von Der Leyen era stata tra le più tiepide su questa prospettiva, e l’intervista di oggi alla FAZ chiude il cerchio di questa vicenda.

E’ lo stesso Weber infatti nell’intervista a non dare giù per certa quella prospettiva non aprendo a nessuno (se non proprio a Giorgia Meloni: “stiamo lavorando a soluzioni su questioni concrete, la cooperazione o la fusione non sono un problema per noi”) ed attaccando sostanzialmente tutti, usando parole morbide solo con Renew e con la componente più “pro Europa, pro Ucraina, pro Stato di diritto” degli altri partiti: sono queste infatti le tre discriminanti che lo stesso presidente del PPE pone chiaramente nella sua intervista come condizioni per future alleanze.

Con questo Weber sbarra la strada ad accordi con i partiti più di destra in Europa, elencandoli pure: il PiS, partito attualmente al potere in Polonia, che con un colpo di mano ha dato vita ad una commissione parlamentare sulla carta per indagare sulle influenze russe sulla politica polacca, nei fatti per colpire politicamente Donald Tusk, ex presidente del PPE prima di Weber, uno dei leader della composita alleanza di centro-centro sinistra che sfiderà il PiS alle prossime elezioni autunnali; l’AfD, il partito di ultradestra tedesco, che alcuni sondaggi danno in seconda posizione, sopra l’SPD; il Fronte Popolare di Marine Le Pen in Francia; ma anche Robert Fico, candidato alle prossime elezioni slovacche, ex socialdemocratico ora con un partito autonomo, pro Orban e pro Putin.

Un attacco corposo è però anche riservato al Green Deal, il vituperato pacchetto di misure ambientali portato avanti dal non particolarmente amato (e socialdemocratico) Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione e commissario a sua volta per l’ambiente e il Green Deal: “Metà degli eurodeputati della commissione ambiente si oppone alla proposta e solo una piccola maggioranza del Consiglio la sostiene”. Weber non vuole abbandonare il Green Deal, anzi promette che il PPE, “partner affidabile”, vuole mantenere l’impegno di attuare gli accordi di Montreal sulla biodiversità, ma “con una legislazione ben concepita”, ascoltando gli elettori e le loro istanze (“non possiamo agire contro i cittadini”, ha dichiarato alla FAZ) e non andando allo scontro con gli agricoltori (e qui, è Weber a ricordare che nei Paesi Bassi, paese natale di Timmermans, alle recenti elezioni municipali la maggioranza di governo, pro politiche ambientaliste spinte, ha perso molti punti). “Mi infastidisce quando chi è a sinistra si presenta con la clava nella mano destra e con la sinistra punta il dito dall’alto“, ha risposto tranchant: “Se prendiamo sul serio le preoccupazioni dei cittadini in questo grande processo di trasformazione, significa che il PPE sta lavorando insieme alla destra? È un’assurdità”, ha concluso.

Giornalista, genovese di nascita e toscano di adozione, romano dai tempi del referendum costituzionale del 2016, fondatore e poi a lungo direttore di Gay.it, è esperto di digitale e social media. È stato anche responsabile della comunicazione digitale del Partito Democratico e di Italia Viva