La manifestazione del 15 marzo si sta trasformando in un raduno confuso, dove si intrecciano posizioni contrastanti e spesso inconciliabili. Parteciparvi rischia di risultare inutile e a rischio di possibili provocazioni, a meno che l’evento non si dimostri davvero coerente nei suoi obiettivi: esprimere solidarietà all’Europa, impegnata a rafforzare la propria Difesa e a sostenere l’Ucraina con ogni mezzo possibile, inclusa la fornitura di armi, mentre affronta delicate trattative diplomatiche.

Se, invece, la piazza si ridurrà a un guazzabuglio di posizioni contraddittorie, dove si mescolano pacifisti autentici e opportunisti, filo-putiniani e persino critici della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen – accusata di essere una guerrafondaia solo per il suo sostegno alla Difesa europea – allora il senso della manifestazione svanisce. Perdendo così un’occasione per dimostrare consapevolezza della complessa situazione geopolitica, offrendo invece l’ennesima prova di quell’ambiguità tutta italiana che ci relega ai margini delle grandi decisioni internazionali.

In un momento storico così delicato, chi crede nell’Europa dovrebbe impegnarsi per trasformarla in una vera entità federale, dotata di poteri concreti, a partire da una capacità militare adeguata a sostenere la propria diplomazia. Solo un’Europa forte può garantire prosperità e sicurezza ai suoi popoli, difendendo i valori di libertà e giustizia. Eppure, paradossalmente, invece di sostenere questa visione, la manifestazione sembra criticare l’idea stessa che l’Europa possa e debba difendersi. Questa ambiguità rischia di ridurre il dibattito a un dualismo sterile: da un lato chi chiede maggiore spesa sociale e benessere per i cittadini; dall’altro chi sostiene la necessità di investire nella Difesa. È miope non comprendere che il benessere nasce dalla solidità economica, che a sua volta dipende dalla capacità di un’Europa forte e rispettata di proteggere sé stessa.

L’Europa di oggi ricorda l’Italia del Cinquecento: ricca e colta, ma politicamente divisa e priva di una Difesa comune. All’epoca, francesi e spagnoli invadevano la Penisola a loro piacimento, svuotandola di ogni forza. Tre secoli dopo, il principe di Metternich avrebbe definito l’Italia una semplice “espressione geografica”, negandole dignità politica. Oggi, purtroppo, Putin e – in parte – Trump si esprimono in termini simili sull’Europa, considerandola fragile e inconsistente.

Questo stato di cose deve cambiare. Gli europeisti italiani dovrebbero promuovere una nuova consapevolezza, affinché gli altri popoli europei guardino all’Italia come a un punto di riferimento per la costruzione di un’Europa più solida, capace di difendere i propri interessi, la propria cultura sociale, i diritti individuali e collettivi, e il proprio futuro. Alimentare una piazza confusa e incoerente il 15 marzo è un errore: la battaglia per l’Europa si combatte con idee chiare e con la determinazione di costruire una vera potenza politica, economica e militare. Diversamente, si finisce solo per favorire i nemici dell’Europa: i cavalli di Troia introdotti nelle nostre comunità, gli autocrati. Gli stessi che in Italia e in Occidente manovrano spregiudicatamente contro il disegno europeista, verrebbero così incoraggiati nel loro folle disfattismo.

Raffaele Bonanno

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