Tutte le bugie dopo la morte
Maradona, perizia raccapricciante: poteva essere salvato, controlli medici superficiali

Diego Armando Maradona poteva essere salvato se solo avesse ricevuto cure adeguate dai medici che lo hanno seguito. E’ quanto emerge dalla perizia medica chiesta dalla dai pm Patricio Ferrari, Cosme Iribarren e John Broyad per chiarire i dubbi lasciati dall’autopsia dopo la morte dell’ex capitano del Napoli e dell’Argentina, deceduto lo scorso 25 novembre.
A rivelarlo il sito argentino TN Noticias, entrato in possesso della documentazione prodotta dai medici forensi che hanno partecipato alla Consulta Medica. Maradona soffriva di insufficienza cardiaca, renale e di cirrosi. I medici hanno inoltre confermato che la morte è stata causata proprio dalle malattie cardiache preesistenti. Nessuno si è accorto che il suo cuore non funzionasse a dovere perché, secondo la perizia, il campione argentino non aveva controlli medici adeguati.
Dalla perizia si evince anche che Diego è morto tra le 4 e le 6 della mattina del 25 novembre mentre dormiva. Anche questi dati sono di vitale importanza. Il paramedico della compagnia Más Vida, arrivato con la prima ambulanza al lotto 45 di San Andrés de Tigre, aveva certificato la morte intorno alle 13.15, dopo 45 minuti in cui hanno cercato di rianimarlo, sebbene la mascella era già rigida e il suo corpo freddo. La data del decesso contraddice quindi le prime affermazioni che indicavano che Maradona si fosse alzato la mattina e rimette in discussione, soprattutto, la dichiarazione dell’infermiera Daiana Madrid. L’assistente, uno dei 7 imputati, deve ora chiarire perché ha mentito e rivelare se ha eseguito degli ordini. La perizia complica ulteriormente la posizione anche dei medici curanti di Maradona, Leopoldo Luque e Agustina Cosachov, come si definiscono nel fascicolo. Nessuno di loro ha notato i sintomi o li ha minimizzati.
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