Le riflessioni in Italia Viva sono molte. Dopo la svolta a sinistra di Matteo Renzi, diversi militanti – ma anche centinaia di dirigenti – hanno chiesto che una tale scelta passi da un congresso. Una discussione comune, quindi. Un’istanza portata avanti pubblicamente in prima persona dal deputato Luigi Marattin. Il partito è diviso, tra chi rimane fedele a Renzi, pronto a seguirlo con fede incondizionata in qualunque decisione, e chi qualche dubbio lo pone.

Marattin: serve un congresso di Italia Viva, una battaglia di civiltà politica

Marattin, ieri fuori dal Parlamento, è intervenuto davanti ai microfoni dei giornalisti parlando del futuro del centro politico e anche delle discussioni interne a Italia Viva: “Non penso che una comunità politica possa evitare di prendere decisioni così forti senza discutere, perché nell’ultimo congresso che abbiamo fatto a ottobre il Presidente è stato eletto sulla base di una piattaforma “né con questa destra né con questa sinistra” e ha ricevuto una legittimazione da parte degli iscritti. Se a un certo punto dal giorno alla notte si cambia questa linea politica, come si fa a non chiedere a ridare la parola agli iscritti e discutere con serenità in un congresso? Invece pare proprio che non si voglia fare, e questo è l’indizio che i partiti sono divenuti proprietà privata delle singole persone. Come ho detto qualche giorno fa, se questa forzatura andasse avanti sicuramente ne prenderei atto, ma credo insieme a tanti altri: mentre parliamo credo che ci sia un documento firmato da centinaia di dirigenti di Italia Viva che chiede un congresso, a testimonianza e questa non è una battaglia personale di qualcuno, questa è una battaglia di civiltà politica“.

Marattin, il “capo” Renzi e la tentazione di entrare in Azione

“Io non credo nei capi, io credo nei leader, non credo né nei capi né nei padroni, credo nei leader e non so bene cosa credono altri miei colleghi di Italia Viva”, ha detto, rispondendo a una domanda sulla sua ribellione al capo, cioè Renzi. Ma per Marattin i prossimi passi sono chiari: “Io sono convinto dell’esistenza di un’area centrale liberaldemocratica e vorrò dedicarmi a contribuire a costruirla. Non con Calenda, io non entrerò in Azione e chiederò a chi eventualmente dovesse uscire da Italia Viva con me di non entrare in Azione: per un motivo molto semplice, chi è stato protagonista o co-protagonista di un fallimento, che è quello del Terzo Polo nell’aprile ’23 e poi della mancata lista europea alle elezioni europee di giugno, secondo me è un ostacolo alla costruzione di un grande partito liberaldemocratico e riformatore”.

Marattin e la leadership di Calenda: si mettesse in gioco per un’area contendibile

Quindi il deputato di Italia Viva esclude un suo ingresso nel partito di Carlo Calenda, ma sottolinea come potrebbe esserci comunque una collaborazione e una convergenza, visto che Azione ha confermato di voler rimanere al centro del panorama politico, non apparentandosi con la sinistra come nelle intenzioni di Renzi per Iv. “Io non mi faccio gli affari di altri partiti, non mi permetto di mettere bocca in Azione ma dico che se dovessimo, come io vorrò fare, provare a ricostruire quell’area centrale per me sarebbe impossibile farlo accettando la leadership di Carlo Calenda. Altra cosa è se Carlo Calenda si mettesse in gioco e dicesse “ok creiamo un’area e rendiamola contendibile”, ovviamente sarebbe tutta altra cosa ma significherebbe non entrare in Azione ma riaprire un cantiere, figurarsi se posso dire a Calenda di non partecipare a un’eventuale competizione in quel senso”, sottolinea Marattin.

Lo spazio per un centro in Italia

Secondo Marattin lo spazio ci sarebbe: “Ma io credo che lo spazio ci sia perché nessuno mi ha ancora risposto a una domanda. Se in Gran Bretagna con la legge elettorale più maggioritaria del pianeta terra, che è il maggioritario di collegio a turno unico, cioè chi ha un voto in più vince, quella che più di tutte spinge al voto utile con due partiti che esistono da 200 anni, se lì un partito autonomo ha preso il 12,2%, se in Francia che ha la seconda legge elettorale più maggioritaria del mondo con il doppio turno un partito centrale ha preso il 20% ed è il risultato peggiore degli ultimi anni, voi mi state seriamente dicendo che in Italia – che ha una legge elettorale per due terzi proporzionale e una tradizione di culture politiche plurime – non ci sarebbe spazio per un partito centrale? Che la vadano a raccontare a qualcun altro”. “Renzi ha scelto lui di andare ad un’altra parte e come dicevo prima io ero rimasto a Terzo Polo con terzo nome quando Matteo diceva così, poi è andato a giocare a calcio e ha cambiato idea, calcio fa anche questo” conclude il deputato.

Renzi: legittime le opinioni diverse, ma il Terzo Polo non c’è più

E oggi, sempre dalla sua newsletter, Renzi ha lanciato ancora una volta il suo messaggio. Rivolgendosi – pur senza citarlo – a Marattin e a tutti i dirigenti che hanno storto il naso per la sua decisione unilaterale di svoltare a sinistra. “Dentro Italia Viva ci sono anche persone che non condividono la scelta di stare nel centrosinistra. È assolutamente legittimo che ci siano opinioni diverse. Come è legittimo che qualcuno guardi a un accordo con Azione, altri a Forza Italia, altri a un Terzo polo autonomo. Sono tutte posizioni rispettabilissime. Chi è stato eletto per guidare il partito ha il dovere di farlo. Chi non è d’accordo ha tutto il diritto di farsi sentire in tutte le sedi, a cominciare dall’Assemblea Nazionale di settembre. L’Assemblea è anche la sede istituzionale nella quale chiedere il congresso”, scrive Renzi. L’ex premier poi ricorda ancora una volta i suoi ‘successi’ politici: “Io sono abituato a prendermi le mie responsabilità: l’ho fatto dopo il Papeete, l’ho fatto prima di Draghi, l’ho fatto per il Quirinale. L’ho fatto candidandomi e prendendo 210.000 voti mentre altri hanno rifiutato di correre personalmente. Lo faccio anche stavolta sapendo che stare con il centrosinistra ci impone una scelta difficile. Ma il Terzo polo non c’è più, per responsabilità chiarissime. E dunque o si sta con Salvini e Meloni o si costruisce un centrosinistra vincente. Io non ho dubbi sulla scelta”.

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