Orizzonti Liberali prende il via, la novità politica richiama i liberali e riformisti, mentre il resto del centro è fermo al palo. Luigi Marattin, deputato (oggi nel gruppo Misto) ne è stato eletto presidente una settimana fa.

Le elezioni in Liguria hanno visto astenersi il 55% degli elettori. Manca un’offerta politica attrattiva, il centrodestra e il centrosinistra così come sono non riguardano tutti?
«Negli ultimi 30 anni, da quando ci siamo illusi di essere un paese in cui il bipolarismo possa funzionare, ben dieci milioni di elettori hanno smesso di votare. Sarebbe sciocco dire che tutti costoro non votano più perché c’è il bipolarismo, c’è una sfiducia complessiva qualsiasi formula politica prevalga. Ma, secondo me, sono diversi milioni gli italiani che non trovano rappresentanza in questo bipolarismo da curve ultrà, specialmente da quando – negli ultimi dieci anni – i motori politici delle due coalizioni sono diventati gli estremismi e i populismi».

Viene detto che un apporto centrista a sostegno del centrosinistra avrebbe garantito la vittoria di Orlando, lo pensa anche lei?
«È la teoria di chi pensa che i voti siano scatoloni che sposti di qua e di là, e che si impilano sempre uno sopra all’altro, dovunque li metti e anche quando non c’entrano nulla l’uno con l’altro. Nulla di più distante dalla realtà. In Liguria il centrosinistra ha perso per la stessa ragione per cui, nella sua attuale formulazione, perderebbe anche a livello nazionale: perché lì dentro ci sono posizioni politiche antitetiche l’una all’altra. In Liguria sulle infrastrutture, a livello nazionale su tutto. Pensare che aggiungere una ulteriore diversità (quella «centrista») possa bastare, invece che provocare ulteriore confusione, significa scambiare la politica col conteggio delle pere e delle mele. Grave errore, che il centrosinistra fa fin dai tempi della «gioiosa macchina da guerra», passando per le coalizioni da Diliberto a Mastella».

Quale può essere oggi lo spazio, l’elettorato di una formazione liberaldemocratica, terza?
«La domanda fondamentale è: perché, da quando è iniziata la globalizzazione, l’Italia è il Paese che è cresciuto meno al mondo? La sinistra risponde: «perché lo Stato ha smesso di intervenire e di spendere!» Ma è una falsità: dal 2000 ad oggi l’Italia ha aumentato la spesa pubblica in rapporto al Pil 4 volte più della media UE, e siamo cresciuti 4 volte in meno. La destra dice: «perché siamo entrati nella globalizzazione!» Ma è falso: dell’apertura dei mercati ha beneficiato la parte più produttiva dell’industria e del paese, e comunque non si capisce perché la globalizzazione, tra tutti i paesi del mondo, avrebbe penalizzato solo noi».

La domanda è chiara, manca la risposta…
«Manca una forza politica che dia la risposta giusta: il motore dell’Italia si è fermato a inizio anni 70, quando la produttività ha smesso di crescere. Per due decenni siamo sopravvissuti con svalutazione e debito pubblico, e poi negli Anni Novanta ci siamo fermati. Perché le strutture economico-sociali del paese – dalle istituzioni alla scuola, dal fisco alla pubblica amministrazione passando per la struttura industriale – non hanno fatto i conti con i cambiamenti di contesto a livello globale. Ecco perché serve un’offerta politica che abbia il coraggio di fare quest’analisi ma non di limitarla ai convegni e ai circoli intellettuali, ma di costruirci il consenso politico nel paese».

La novità di questa forza può intervenire senza mettere mano a una legge elettorale diversa, che magari limiti la quota maggioritaria in favore di quella proporzionale?
«Sono trent’anni che esercitiamo la fantasia sulle leggi elettorali. Ma la verità è che in Italia sono solo due i modelli possibili: o un maggioritario a doppio turno, o un proporzionale puro. Entrambi sono compatibili con la realtà politica del paese, che non è – né è mai stata – bipolarista, ma vede almeno tre culture politiche presenti nel paese (quella conservatrice, quella socialista, e quella liberal-popolare). La classe politica dovrebbe riconoscere che questa scelta non deve essere fatta sulla base delle reciproche convenienze partitiche, ma sulla base dell’interesse del paese».

La manovra rappresenta un banco di prova carico di criticità per Giorgia Meloni. Secondo lei si andrà a votare a scadenza naturale, nel 2027, o prima, già nel 2025?
«Non faccio l’indovino, e poi in questo paese può succedere sempre di tutto. Dico solo che non vedo all’orizzonte particolari motivi per cui questa maggioranza avrebbe convenienza a rompersi per poi presentarsi subito dopo di nuovo unita alle elezioni».

Nelle regioni dove si vota, Umbria e Emilia-Romagna, come si schiera Orizzonti Liberali?
«I candidati ce li hanno i partiti, Orizzonti Liberali è un’associazione che ha l’obiettivo di sciogliersi all’interno di un partito da fondare. E poi, all’assemblea degli iscritti di sabato a Roma ho detto chiaramente che per un anno si devono scordare elezioni, liste e (vere o presunte) posizioni di potere: ora è il momento di costruire, dalle fondamenta. Se costruiamo bene tra qualche anno avremo un bell’edificio da abitare. Forse il più bello».

Il 23-24 Novembre a Milano ci sarà l’appuntamento fondativo del nuovo soggetto libdem, cosa succederà?
«Sta succedendo una cosa strana. Siamo un gruppo di persone che va da me ad Andrea Marcucci, da Alessandro Tommasi e Oscar Giannino, da Alessandro De Nicola a Carlo Cottarelli passando per realtà di amministratori locali civici e decine di persone delle nostre associazioni che stanno lavorando insieme. Non c’è uno che comanda: siamo uniti dalla voglia di creare un partito, che certamente dovrà avere una leadership forte ma pienamente contendibile, a cui ci si possa iscrivere perché si crede nell’identità politica di quel partito e nell’idea di società liberal-democratica che pervade. A Milano daremo il via a questo percorso, ma non vi voglio anticipare nulla. Dico solo a chi sceglierà di rimanere fuori: pensateci bene. Il momento per dare una svolta, tutti insieme, è adesso».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.