Il libro
Marco Revelli ci spiega quanto siamo umani o post-umani
![Marco Revelli ci spiega quanto siamo umani o post-umani Marco Revelli ci spiega quanto siamo umani o post-umani](https://www.ilriformista.it/wp-content/uploads/2021/01/revelli-900x600.jpg)
“Homo sum, humani nihil a me alienum puto”: “Sono uomo e niente di umano reputo a me estraneo”, affermava Terenzio. Ma chi è l’uomo? Se lo chiedeva Kant, che pose questa domanda al centro della filosofia. La domanda se la son posta in verità tanti, forse tutti, pensatori e persone comuni, dato il nostro “essere gettati”, come diceva Heidegger, in questo mondo che non ci siamo scelti.
In definitiva la civiltà giudaico-cristiana, nel cui solco si inseriscono (solo apparentemente contestandole) anche le grandi idee politiche della modernità, ha dato una risposta a questa domanda ponendo l’uomo in un ordine di senso che ne faceva, da un lato parte del creato, sorretto quindi dalle sue leggi, dall’altro un essere capace di scegliere e creare, come Dio, seppure non con la sua infinita potenza, ma finito. Oggi questa elaborazione subisce un doppio attacco: dall’alto e dal basso, come ci dice in un agevole ma denso libro, appena pubblicato da Einaudi, Marco Revelli (Umano Inumano Postumano. Le sfide del presente (pagine 129, euro 12).
L’attacco dal basso, al contrario dell’altro, non è una novità nella storia umana, che può essere vista come un continuo e mai definitivo superamento del disumano riemergente dalle proprie viscere. Quest’ultimo fa sentire la propria voce soprattutto nei periodi di trapasso, nella transizione da un assetto che ha esaurito le sue funzioni (il «non più» lo chiama Revelli) e un altro che stenta a delinearsi, e che i contemporanei nemmeno riescono ad immaginare che forme possa avere (il «non ancora»). È evidente che l’ordine dei moderni è giunto al capolinea dalle contraddizioni che esso mostra quotidianamente, lasciando riaffiorare appunto il disumano sotto forma di odio per il prossimo o assoluta indifferenza per le sue sorti.
Qui Revelli, dal suo punto di vista, ha buon gioco a ripercorrere le tristi vicende dei barconi che solcano il Mediterraneo, anche se forse la “soluzione politica” della faccenda, che non si risolve solo “nell’accoglienza”, potrebbe proprio promuovere quella umanità dei fuggiaschi che oggi è calpestata non solo nei loro Paesi di origine ma anche in quelli europei di arrivo (alimentando le reti della clandestinità). Ma tant’è! Quel che mi sembra interessante è la comparazione qui fatta del nostro tempo con quello precedente (circa un secolo e mezzo) alla nascita dello Stato moderno.
E l’esemplificazione attraverso il mondo di mostri, esseri ibridi, aborti e frammenti di un passato che non c’era più, dipinto da Hieronymus Bosch, in particolare nella figura del Ballestrero (è in una sala del Prado a Madrid) dalla cui espressione e dal cui volto emerge il vuoto interiore e l’apaticità dell’uomo senza identità. Ma se oggi sembra essere ritornato il mondo di Bosch e del Ballestrero, del disumano, un’altra minaccia alla dimensione umana viene dall’alto. Nell’ultima parte del libro, Revelli ci illustra con inquietudine l’avvento di un mondo fatto di “macchine pensanti”, uomini senz’anima ed eterodiretti (da algoritmi e persuasioni più o meno occulte), di poteri che ci spiano e ci controllano.
La soluzione più equa sarebbe, allora, scrive Revelli con accenti che ricordano lo Hans Jonas del Principio responsabilità, «un post-umanesimo adeguato alla nuova dimensione dello spazio morale designato dal post-umano, ….capace di prendersi cura non solo dell’uomo ma dell’intera catena dell’essere nel mondo: le altre specie viventi, animali e vegetali, le generazioni future, l’habitat», ecc. Una soluzione, quella di Revelli, che richiede un di più di immanenza, mentre forse sarebbe più plausibile sperare in una nuova trascendenza. “Solo un Dio potrà salvarci”, diceva Heidegger. Ma non credo pensasse a un Dio pagano come Gea.
© Riproduzione riservata