Alle volte il giornalismo italiano cade molto in basso. Perde il senso della civiltà, della misura. Esce da ogni perimetro culturale. Ieri per esempio Marco Travaglio ha scritto un editoriale per polemizzare con Alessandro Sallusti. Legittimissimo. E poi ormai siamo abituati anche al linguaggio scurrile. Nano, burattino, bomba, cazzaro, non ci scandalizziamo di niente. Io dico, se vuoi dirgli che è stronzo, vabbé, digli che è stronzo, chiudiamo un occhio (anche se, personalmente mi sono preso querele, denunce e persino esposti all’ordine dei giornalisti per molto meno, solo per avere raccontato cose poco belle su qualche magistrato).

Travaglio invece per indispettire Sallusti gli ha dato del “bambino ritardato”. Sì, ha scritto proprio così. In prima pagina. Io non me la sento nemmeno di commentare questa bassezza, che ovviamente non è una bassezza nei confronti del collega Sallusti, il quale, oltretutto, immagino, delle insolenze di Travaglio se ne frega. “Bambino ritardato”. Come è potuto uscirgli dalla penna? Possibile che nessuno in redazione abbia riletto quell’articolo prima di pubblicarlo, magari qualcuno dei colleghi del Fatto che dispongono di un minimo di cultura e sensibilità, e ce ne sono parecchi? Come è finito male il giornalismo italiano.

P.S. L’Ordine non ha niente da dire?

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.