Politica e giustizia
Maresca è candidato ma ragiona da Pm: “Con me niente indagati”
Certificato penale e dei carichi pendenti “senza macchia”: ecco il criterio che Catello Maresca, ex pm della Dda e sostituto procuratore generale di Napoli, intende adottare nella composizione delle liste elettorali liste e dell’eventuale squadra di governo della città. Per l’aspirante sindaco di Napoli, dunque, le fedine penali illibate e l’assenza di carichi pendenti costituiscono un criterio sovraordinato a ogni altro. A tal punto che anche il profilo della competenza sembra non meritare analoga attenzione. Pur dichiarando di non voler governare con la toga, nel momento in cui precisa che chiederà ai candidati consiglieri anche il certificato dei carichi pendenti, Maresca dimostra di non riuscire a liberarsi di un evidente tratto giustizialista in linea con la lunga teoria di “sindaci sceriffi” che hanno caratterizzato il periodo forse più buio della politica del Paese.
L’ex pm parla di un certificato che non dovrebbe essere consentito utilizzare in simili frangenti, dal momento che al suo interno sono appuntate notizie del tutto inattendibili in riferimento alla irreprensibilità morale dei cittadini. Inoltre, se la presunzione di non colpevolezza ha ancora un senso, come fa un ottimo magistrato come Maresca a menzionare il certificato penale e quello dei carichi pendenti? Come fa il candidato sindaco a dimenticare quante inchieste, sebbene annotate sul certificato dei carichi pendenti, si rivelano un buco nell’acqua dopo anni in cui l’inquisito è stato vittima di persecuzione giudiziaria e clamore mediatico? Dunque anche gli innocenti dovranno essere esclusi dalle liste, a prescindere dalla loro competenza nel governo di un territorio? E sì. Pretendere che la competenza – e stiamo parlando di competenza politica, non di competenza nelle inchieste di mafia – possa essere limitata e addirittura postergata, in caso non già di condanna penale definitiva – come prescrive la legge – ma dalla presenza di un carico pendente, appare una mossa più propagandistica che non un concreto proposito di buon governo.
Fino a quando la Costituzione non sarà emendata, esiste la presunzione di non colpevolezza che non permette neanche di ipotizzare giudizi negativi di valore sul conto di tanti, troppi, uomini costretti letteralmente alla paralisi, per decenni, in attesa di giudizio e che poi vengono dichiarati estranei alle accuse a suo tempo elevate a loro carico. Non bisogna dimenticare, infatti, i tanti uomini politici che hanno patito inchieste giudiziarie e la gogna mediatica, salvo poi essere assolti a distanza di molti anni e dopo il giudizio delle platee giustizialiste, le cui pressioni hanno realizzato l’unico effetto di affidare il governo della cosa pubblica a personaggi senza costrutto e senza esperienza, con conseguenze devastanti per il Paese.
Sin dai tempi di Silla, di Augusto e, più indietro ancora, di Alcibiade, Teramene e Socrate, le inchieste con finalità politiche o la strumentalizzazione politica delle inchieste hanno sempre caratterizzato la strategia di una classe dirigente desiderosa di vincere senza confrontarsi sul vero terreno del governo, preferendo manovre trasversali per sbaragliare gli avversari politici. Sarebbe ora di finirla e di restituire alla politica il primato che le compete così da lanciare un segnale maturo al Paese e inaugurare una stagione di autentica amministrazione liberale (non “libertina”, ma rispettosa dei più nobili principi della nostra Costituzione). E sarebbe bello se un magistrato, del calibro e del valore di Maresca, anziché manifestare la propria vocazione a inquisire e a dirigere inchieste, si rendesse portatore dei valori costituzionali promuovendo una svolta culturale e dando così un segnale importante anche alla luce delle vicende che hanno coinvolto il Csm.
È vero, Napoli è una città difficile, anzi difficilissima, che sconta un deficit incolmabile. Le scelte di governo, però, non possono prescindere dalla competenza e dalla copertura politica delle iniziative che si intende assumere: le vicende di questi ultimi decenni hanno insegnato che svilire il dibattito e brandire la spada vindice della giustizia terrena non garantisce affatto dalla commissione di errori e che non è certo l’assenza di carichi pendenti che può metterci al riparo dal pericolo. Non posso che augurare a Maresca di riuscire a coagulare i consensi intorno a sé e al programma che intenderà portare avanti, ma sarei certo più lieta se, in nome della strenua applicazione della Costituzione, si cambiasse finalmente registro.
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