Maresca e Martusciello, il rapporto di amicizia nato grazie ad un avviso di reato

Sono settimane, ormai, che si fa il nome di Catello Maresca come candidato sindaco di Napoli per il centrodestra. E non c’è dubbio sul fatto che, tra i principali “sponsor” del sostituto procuratore generale di Corte d’appello, figuri Fulvio Martusciello. L’eurodeputato di Forza Italia ha più volte espresso apprezzamento per il magistrato e ieri, dalle colonne del Mattino, ha nuovamente sottolineato la necessità di dare a Napoli «un sindaco giusto, non fazioso, aperto al dialogo istituzionale, che non abbia progetti personali ma solo per la città», magari anche «profondamente estraneo al tessuto politico».

Chi conosce le dinamiche locali non può fare a meno di leggere, nelle parole di Martusciello, l’ennesimo endorsement per Maresca. Chi crede che il rapporto tra i due sia sempre stato rosa e fiori, però, si sbaglia. Già, perché molti dimenticano che Martusciello è stato nel mirino della magistratura per presunti rapporti con il clan dei Casalesi. E che a metterlo sotto inchiesta non è stato un pm qualunque, ma proprio quel Maresca di cui l’eurodeputato è oggi il primo sostenitore. Era luglio 2015 quando il nome Martusciello fu iscritto nel registro degli indagati con l’ipotesi di concorso esterno in associazione camorristica nell’ambito dell’inchiesta sugli interessi dei Casalesi nella gestione delle risorse idriche. A condurre l’inchiesta era la Direzione distrettuale antimafia di Napoli, con un pool formato da Cesare Sirignano, Maurizio Giordano e… Catello Maresca.

A marzo 2017 furono gli stessi inquirenti a chiedere e ottenere dal gip l’archiviazione del fascicolo a carico di Martusciello, di cui sottolinearono «l’assoluta estraneità ai fatti originariamente ipotizzati». Non solo: i magistrati esclusero pure qualsiasi contatto tra l’attuale eurodeputato e «soggetti estranei a anche solo contigui alla criminalità organizzata». Tutto sommato, a Martusciello andò bene: la sua innocenza fu accertata dopo “soli” venti mesi di indagini, mentre a Maresca, per scagionare l’ex parlamentare del centrosinistra Lorenzo Diana dalle accuse di collusione con la camorra e corruzione, sono serviti addirittura cinque anni. Questo, però, è un altro discorso.

In questa sede, infatti, preme sottolineare altro. Il fatto che l’indagine a carico di Martusciello sia stata archiviata su richiesta dello stesso pool di cui faceva parte Maresca, giustifica il consolidamento di un rapporto di amicizia, magari anche di reciproca stima, tra i due. Nello stesso tempo, però, fa emergere quanto sia poco opportuno il fatto che un pm si dedichi a «un’attività di promozione di se stesso a livello politico e amministrativo» (come l’ha definita l’ex guardasigilli Mastella) nella stessa città che qualcuno vorrebbe fargli amministrare. E per “qualcuno” deve necessariamente intendersi anche Martusciello che oggi tira la volata al magistrato che qualche anno fa l’ha messo sotto inchiesta prima di scagionarlo.

Ecco perché è necessario, irrinunciabile e doveroso che Maresca chiarisca immediatamente la sua volontà di candidarsi o meno alle prossime comunali. Nei giorni scorsi l’hanno sollecitato in tal senso il procuratore generale Riello, i vertici locali dell’Anm, colleghi, ex magistrati e giornalisti. Un gesto di trasparenza è imprescindibile non solo per allontanare polemiche e sospetti, ma anche per salvare quel minimo di credibilità che resta alla magistratura di questo Paese.