La donna si è tolta la vita a 40 anni
Marinella muore e lascia marito e bimbo di 4 mesi, il dolore dei colleghi avvocati: “Non abbiamo capito niente”

È ancora forte lo shock tra i colleghi di Maria Vecchione, l’avvocatessa che si è tolta la vita lanciandosi dal quinto piano di un palazzo a Marano di Napoli. Aveva 40 anni, penalista di professione, moglie di un carabiniere e madre di un bambino di quattro mesi. “Suicidio”, la ricostruzione dei carabinieri. Nella serata di ieri si era diffusa la voce di una persona precipitata nel vuoto, e questa mattina sono arrivati riscontri sulla sua identità. L’intervento dei sanitari del 118 è stato immediato ma l’impatto è stato troppo forte: la donna è morta sul colpo.
“Ci stringiamo, sconvolti e compiti, intorno alla famiglia della nostra collega, avvocatessa fiera, seria, preparata ed elegante di cui ciascuno di noi serberà per sempre un proprio ricordo nelle aule di udienza penali”, è il ricordo della Sezione dell’Associazione Italiana Giovani Avvocati di Napoli.
“Le ho parlato da pochissimo”, scrive un collega. “Nei suoi occhi meravigliosi, e nel suo sorriso simpatico e come sempre molto divertito, non traspariva nulla. Dobbiamo tutti prendere atto che alle volte, forse, basterebbe un minuto in più, un abbraccio in più”.
A parlare dei possibili motivi dietro al gesto il collega Giorgio Varano. “La depressione è una malattia che ancora suscita vergogna nel comunicarla e spesso pelosa compassione nell’ascoltarla”, scrive su Facebook l’avvocato penalista. “Quando ne soffre un avvocato – prosegue il post – diventa ancora più difficile parlarne sia per lui, sia per chi gli sta accanto. Perché viviamo in un modo competitivo e anche molto eterogeneo, e tutto questo sta peggiorando vista la crisi economica e morale, e la difficoltà di immaginare il futuro”.
Varano propone che la depressione venga riconosciuta come malattia professionale e che vengano creati “veri strumenti di supporto per rendere questo argomento meno tabù”. “Forse dovremmo iniziare ad affrontare questo argomento pubblicamente – aggiunge il professionista – chiedendo alle rappresentanze istituzionali e previdenziali di aiutarci ad iniziare un percorso pubblico su questa malattia, per sdoganarla, approfondirla, affrontarla, e combatterla, magari tutti insieme”.
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