“Sono andata a trovare mio figlio in carcere. Parlava con gli occhi chiusi, aveva le mani ghiacciate. Ormai è un cadavere”. Anna Immacolata Alviggi è sempre più angosciata per le sorti di suo figlio Mario Argenio, 35enne originario di Atripalda in provincia di Avellino, detenuto nel carcere di Secondigliano di Napoli. Qualche giorno fa aveva raccontato la sua drammatica vicenda al Riformista. “Il carcere lo sta distruggendo perché lui è un ragazzo molto fragile. Sono una mamma disperata, aiutatemi”, aveva detto.

Anna e suo figlio Sabino hanno raccontato che Mario sin da piccolo è sempre stato un ragazzo psicologicamente molto delicato, ha problemi di apprendimento e non riesce a esprimersi e a farsi capire. “Mio figlio ha una grave fragilità psichica, in carcere sta sempre peggio: se me lo mandassero a casa, mi occuperei io stessa di lui”, ha detto la mamma.

Mario è alla sua prima detenzione, è in carcere dal primo settembre. Ha da scontare 3 anni per un reato che risale a 13 anni fa. Ha vissuto malissimo tutto il lungo iter processuale tanto da aver tentato anche il suicidio quando gli hanno detto che sarebbe stato arrestato. Lo salvò la mamma per un pelo. Una volta entrato in carcere per ben due mesi ha rifiutato di incontrare la famiglia a colloquio e persino il suo avvocato. Poi ci sono riusciti ma quello che hanno trovato ha solo messo ancora più in angoscia gli Argenio. Aveva pesanti allucinazioni e non era in se.

Il 7 dicembre l’ultima visita in carcere. Mamma Anna ha trovato Mario ancora peggio dell’ultima volta: “È sotto effetto di farmaci che non so quali sono – ha raccontato – È dimagrito tantissimo tanto che sembra uno scheletro. L’ho trovato ancora più confuso dell’ultima volta. Mi ha detto che voleva tornare a casa con me perché lui è un carabiniere e dal carcere può andare via quando vuole. È evidente che non capisce più niente”.

In più occasioni la famiglia tramite l’avvocato Danilo Iacobacci ha chiesto il differimento dell’esecuzione della pena per Mario “per gravi motivi di salute”. “Mario in carcere sta troppo male e più passano i giorni più sta peggio – continua la mamma – trattenerlo ancora lì è disumano. Cosa stanno aspettando i giudici per decidere di mandarlo a casa ai domiciliari? Quanto tempo ci vuole ancora per prendere questa decisione? Mario è già uno scheletro che cammina”.

L’avvocato della famiglia Argenio aveva già fatto istanza a fine ottobre chiedendo la detenzione domiciliare per Mario. Torna ancora una volta a chiederla “per motivi di salute, stante la manifesta incompatibilità delle condizioni di salute mentale del ragazzo con la detenzione carceraria”, si legge nell’Istanza. E ancora: “La situazione è allarmante ed i familiari ancora ignorano diagnosi e cure effettuate in carcere, non essendo mai stata consegnata allo scrivente la chiesta documentazione/relazione sanitaria, né mai comunicati i farmaci che si stanno somministrando all’Argenio; il quale, allo stato, per come constatato dai familiari, è soggetto incapace di intendere e di volere, non presente a sé stesso ed in preda ad allucinazioni visive ed uditive”.

“Trattasi di soggetto psicologicamente fragile – si legge ancora – che ha dimostrato, anche poco prima della propria incarcerazione, tutta la propria fragilità con gesti autolesionistici che hanno condotto alle cure del caso negli appositi reparti della sanità pubblica locale; condizione patologica allo stato giunta ad un punto limite, essendo stato constatato dai familiari che il ragazzo si trova letteralmente fuori di senno, non ragiona ed ha allucinazioni. Parallelamente non è stata ancora consegnata al difensore la documentazione sanitaria richiesta per iscritto al Direttore della Casa di Reclusione, e quindi l’istante difesa e la famiglia del detenuto si trovano nella drammatica condizione di non conoscere neppure quali diagnosi e cure siano state predisposte in carcere, anche perché il Mario è soggetto che francamente, per come constatato dai familiari, non è in condizione di prestare il consenso a trattamenti sanitari”. Oltre un mese è passato dalla prima istanza presentata dall’avvocato e ancora non c’è stata risposta. Mario è ancora in carcere.

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Giornalista professionista e videomaker, ha iniziato nel 2006 a scrivere su varie testate nazionali e locali occupandosi di cronaca, cultura e tecnologia. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Orgogliosamente napoletana, si occupa per lo più video e videoreportage. È autrice anche di documentari tra cui “Lo Sfizzicariello – storie di riscatto dal disagio mentale”, menzione speciale al Napoli Film Festival.