“Non abbiamo bisogno di più posti letto ma di creare un sistema flessibile in grado di affrontare rapidamente le emergenze. Come hanno fatto in Cina”. Per Mario Santangelo, due volte assessore alla Sanità in Campania, e l’ultimo che la Regione abbia avuto, spingere per la creazione nuovi posti letto in ospedale non è la strada da intraprendere. Gli ospedali devono assicurare, anche in terapia intensiva, posti necessari per affrontare la quotidianità non le crisi sanitarie.

Professore Santangelo, l’assenza di un assessore alla Sanità quanto influisce nella gestione dell’emergenza?
“Nella gestione diretta della crisi, oggi, poco. Ma ci lascia un’eredità pesante: un sistema deficitario perché il commissariamento ha impedito alla Regione di investire e di avere una sua indipendenza organizzativa”.

Il sistema sanità oggi è pronto ad affrontare la crisi da coronavirus?
“Io ho sempre combattuto la visione della sanità ospedale-centrica quella che considera l’ospedale come unico punto di riferimento per la salute. Anche quando ero assessore, in linea con le direttive dell’Oms, ho spinto affinché il parametro adottato fosse quello di avere a disposizione un numero di posti letto sufficienti ad assicurare l’ospedalizzazione dei soli pazienti che ne avessero stretta necessità. Tutto il resto andrebbe fatto nelle altre strutture presenti sul territorio. Costa meno, il malato va incontro a disagi inferiori e i tempi si accorciano. Pensiamo solo alla parte diagnostica: una radiografia costa molto di più allo Stato se fatta in ospedale”.

Un approccio del genere, però, non tiene conto di una situazione di emergenza straordinaria.
“Non è ipotizzabile avere mille posti letto in più rispetto alle esigenze quotidiane e lasciarli inutilizzati per vent’anni, solo per l’ipotesi in cui si scateni una pandemia. Anche perché, da questo punto di vista, sarebbe necessario prevedere una dotazione fuori da ogni calcolo possibile. Non si può mai sapere quale emergenza, e di quale portata, dovremo affrontare un domani”.

E allora come si risponde a una pandemia come questa, quando arriva?
“Con un sistema flessibile. Dobbiamo prevedere un numero di posti letto in linea con le normali esigenze del territorio. Ma, allo stesso tempo, si deve prevedere che, in caso di necessità, in tempi brevissimi si allestiscano posti letto aggiuntivi, anche in terapia intensiva, in grado di rispondere velocemente e in maniera efficace all’emergenza”.
Il sistema italiano non è flessibile?
“La flessibilità si è creata di necessità, ma prima non è che ce ne fosse molta. Si sta facendo il massimo, da parte dei medici e delle stesse autorità politiche, ma è evidente che il sistema non fosse pronto a fronteggiare l’emergenza”.

La nomina del commissario straordinario Arcuri è una risposta?
“Il governo basta e avanza. Non ci serve una persona che decida con poteri straordinari ma dell’intero governo che decide sentendo tecnici ed esperti di tutti i settori coinvolti”.

Fuori dall’emergenza, oggi la sanità campana è in grado di assicurare una risposta adeguata alla domanda?
“Parlare di carenza di posti letto in senso assoluto è sbagliato e riflette la visione di chi delega agli ospedali tutte le funzioni di assistenza sul territorio. Certo, oggi potremmo andare incontro a una carenza nei reparti di terapia intensiva, ma anche in alcune regioni del Nord è già così. A un’emergenza sanitaria, che è una situazione straordinaria, si risponde con misure straordinarie. Guardiamo alla Cina: sono stati in grado di attivare, anche in rianimazione, un numero di posti letto sufficienti a rispondere alla crisi. Non a caso ora stanno già smontando tutto”.