Angelo Reina chiese alla sua ex compagna, Marisa Leo, di incontrarsi per avere un “chiarimento”. Fu tutta una trappola, un espediente criminale, utilizzato per uccidere la donna brutalmente, a fucilate. Reina, infatti, dopo mesi di litigi, aveva attirato Marisa in contrada Farla al confine tra Mazara e Marsala, perché aveva ben pianificato di uccidere la donna.

Fra le scuse utilizzate, per convincere Marisa ad incontrarsi, anche quella di andare a riprendere la bambina. Reina, infatti, avrebbe telefonato a Marisa Leo dicendole: “Vieni a prendere la bambina in azienda da me, intorno alle cinque e mezza”. Una richiesta dopo la quale, come scrive oggi “la Repubblica”, l’uomo avrebbe chiuso la conversazione.

Marisa si presentò puntualmente al vivaio, ignara della trappola cui andava incontro. Chi la conosceva, racconta che Marisa aveva paura a lasciare sua figlia con il padre. I rapporti fra i due erano già molto tesi, da anni: Marisa aveva denunciato l’ex per stalking e molestie, una denuncia poi ritirata. Non solo, come racconta la Repubblica, Marisa aveva denunciato che Reina si era rivolto ad un investigatore privato per controllarla e pedinarla.

Difatti, la bambina non era presente: Reina, programmando l’assassinio, aveva provveduto a lasciare la bimba dalla bisnonna. C’era, invece, la carabina calibro 22 che è poi diventata l’arma del delitto. Fu con quella carabina che Reina fece fuoco tre volte, colpendo Marisa Leo.

Due ore dopo Reina si è suicidato con la stessa arma. Recatosi su un viadotto dell’autostrada tra Alcamo e Castellammare, è sceso dalla sua Porsche Cayenne e si è puntato il fucile in bocca, così come racconta un camionista di passaggio, involontario testimone del gesto folle.

Redazione

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