Continuano negoziazioni e attacchi
Mariupol, prima della tregua Putin bombarda anche la Croce rossa
Non soltanto non c’è il cessate il fuoco. Non c’è neanche quel “rallentamento dell’azione militare” nel nord dell’Ucraina promesso al tavolo di Istanbul dai russi. Dopo aver continuato a far piovere bombe su Kiev, Mosca ieri ha colpito tutto quel che poteva a Mariupol, inclusa la sede della Croce rossa (segnalata con enorme croce rossa su fondo bianco). Anche “l’ufficio sul campo della missione consultiva dell’Ue in Ucraina, a Mariupol, è stato centrato. Nessun membro della missione o collaboratore è rimasto ferito” ha detto l’Alto rappresentante dell’Ue, Josep Borrell.
L’impressione è che l’aver accettato di partecipare ai negoziati in Turchia sia servito a Mosca tatticamente a prendere tempo militarmente prezioso, forse a far arrivare rinforzi. I punti sui quali da più parti, dopo l’incontro di Istanbul, s’era detto ci fosse margine per un preaccordo sembrano ancora oggetto di dialoghi tra sordi. Il ministro degli esteri russo Lavrov ieri ha detto: oltre che accettare “lo status di Paese non nucleare e non allineato” l’Ucraina sta “capendo che le questioni della Crimea e del Donbass sono definitivamente chiuse. Questo è un grande progresso per i negoziati”. Il portavoce del ministero degli Esteri ucraino Oleg Nikolenko, ha risposto: “Le questioni della Crimea occupata e del Donbass saranno definitamente chiuse dopo il ripristino della sovranità ucraina in questi territori. Lavrov dimostra che c’è un malinteso nel processo negoziale Crimea e Donbass saranno definitivamente chiuse dopo il ripristino della sovranità dell’Ucraina su di loro. Ai colloqui di Istanbul, la delegazione ucraina ha presentato proposte a Mosca su modi per raggiungere questo obiettivo”.
Intanto l’agenzia russa Tass batteva la seguente agenzia: “il raggruppamento delle truppe russe in direzione di Kiev e Chernihiv è in corso, raddoppieremo gli sforzi nelle aree prioritarie e principalmente per completare la liberazione del Donbass”. La diplomazia tenta intanto di mantenere aperti i canali di negoziato. È durata circa un’ora la telefonata tra il presidente del consiglio Mario Draghi e il presidente russo Vladimir Putin. Con una deescalation russa reale, noi siamo pronti a contribuire alla pace, è stato il messaggio italiano. Putin ha riferito sugli sviluppi dei negoziati di Istanbul ed è tornato sulla richiesta di Mosca che sia in rubli il pagamento per le forniture di gas secondo quanto ha voluto far sapere il Cremlino attraverso la Tass. Nel corso di una telefonata con il premier francese Macron, il presidente russo avrebbe ribadito la sua condizione imprescindibile per il cessate il fuoco: la resa di Mariupol.
Secondo quanto riferisce il Guardian Mosca sarebbe pronta ad attuare il piano di evacuazione proposto da Francia, Turchia e Grecia, in cambio di una resa totale della città che, quasi completamente rasa al suolo (il 90% degli edifici è distrutto) sta resistendo all’assedio. Downing street ha invece fatto sapere a Mosca che “far perdere il potere al presidente russo Vladimir Putin non è un obiettivo del governo britannico”. Con il cancelliere tedesco Olaf Scholz Putin avrebbe concordato, secondo quanto dice il Cremlino, di tenere negoziati addizionali in materia di pagamento del gas e di non alterare i termini dei contratti. Dagli Stati uniti continuano segnali di diffidenza e di scetticismo sulla affidabilità russa. Ieri grande enfasi è stata data all’ipotesi, espressa da un funzionario americano alla Cnn, che Putin sia “male informato dai suoi generali” sull’andamento della guerra in Ucraina. I capi militari russi “hanno paura” di riferire a Putin quanto “male si stiano muovendo le forze armate di Mosca” nell’offensiva contro gli ucraini e quanto stiano influendo le sanzioni sull’economia russa. L’Ossezia del Sud, territorio internazionalmente riconosciuto come parte della Georgia, compirà presto i passi giuridici per unirsi alla Federazione russa. Lo ha detto il suo leader, Anatolij Bibilov, citato dalla Tass.
© Riproduzione riservata