«Abbiamo tutti vissuto un grande cambiamento e sono veramente fiera di sottolineare che questa istituzione ha assicurato il pieno funzionamento della giustizia costituzionale senza cedimenti». È soddisfatta Marta Cartabia, docente di Diritto costituzionale all’Università Bicocca di Milano e prima presidente donna della Consulta, alla scadenza del suo mandato (a fine settimana, il prossimo 13 settembre).

Ieri ha pronunciato un discorso durante la sua ultima udienza pubblica nel palazzo romano della Corte costituzionale, occasione per il classico saluto dei giudici al loro presidente. Per Cartabia sono stati «nove mesi di accelerazione incredibile e di lavoro enorme per garantire la normalità». La sua nomina, infatti, era arrivata lo scorso 11 dicembre. Appena due mesi e mezzo per abituarsi al passaggio da membro della Consulta a presidente e poi il Covid-19, con tutte le difficoltà pratiche che la pandemia ha portato per il sistema giudiziario. Negli ultimi mesi, però, il lavoro dei giudici costituzionali non si è mai fermato, con l’ultima camera di consiglio sul referendum del taglio dei parlamentari che si è tenuta lo scorso 12 agosto. «Sotto la spinta dell’emergenza – ha spiegato la presidente- c’è stata una grande innovazione, che mi auguro possa rimanere nel patrimonio del lavoro della Corte e non andare dispersa».

Si è trattato innanzitutto di una totale riorganizzazione degli spazi, ma anche delle modalità di lavoro. Il tutto «mantenendo la garanzia sul rispetto dei diritti dei cittadini e sul corretto svolgimento dei rapporti fra poteri», ha assicurato. Per questo Cartabia ha ringraziato tutti: dai colleghi, al personale e gli avvocati con cui ha lavorato negli ultimi nove mesi. La sua presidenza si concluderà perché l’ufficio di giudice costituzionale non può durare più di nove anni e lei fu nominata nel 2011 dall’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Poi nel 2014 ottenne la vicepresidenza, fino ad arrivare a capo della Corte a un’età ritenuta invidiabile, 56 anni, una delle più basse nella storia dell’Istituzione. Una esperienza breve, la sua, ma intensa. Ricordiamo, in particolare, la difesa della decisione della Consulta dello scorso ottobre sui permessi premio per i condannati all’ergastolo ostativo. Adesso può accedere alla misura anche chi di loro non collabora con la giustizia, se sono cessati i collegamenti con la criminalità organizzata. «L’effetto non è fuori tutti – spiegò a fine 2019 alla presentazione del documentario “Viaggio in Italia, la Corte Costituzionale nelle carceri”- ma permettere al giudice di valutare caso per caso».

Ora il futuro di Cartabia è aperto: da tempo si parla di lei come possibile nuovo Capo dello Stato. «Ho rotto un cristallo, spero di fare da apripista» aveva detto in merito al suo “primato femminile” alla Consulta. Chissà se ora lei stessa non possa rompere quel “muro” che allontana le donne dalle massime cariche politiche italiane. Se ne parlerà a inizio 2022, quando il Parlamento dovrà pronunciarsi sul successore di Sergio Mattarella. Il suo profilo piace al centrosinistra, un po’ meno al Movimento 5 Stelle e al premier Giuseppe Conte, dopo che lo scorso aprile la presidente parlò di «necessaria collaborazione tra istituzioni per affrontare il virus». Affermazione letta da molti come critica ai Dpcm del premier, anche se lei ha più volte smentito.