A scanso di equivoci, il riferimento alle Brigate Rosse non riguarda la tragica pagina della nostra storia, ma le squadre di cucina di MasterChef Italia, il celebre programma culinario, condotto da Barbieri, Cannavacciuolo e Locatelli su Sky. Nelle prove in esterna dello show culinario, si sfidano due “brigate di cucina”, la Brigata Rossa e la Brigata Blu.

Le prove in esterna si svolgono in luoghi suggestivi, come, nell’episodio di domani sera, Villa Crespi, il ristorante pluristellato di Antonino Cannavacciuolo. I concorrenti, suddivisi in due brigate, affrontano la prova. La brigata che vince evita una sfida eliminatoria e prosegue nella competizione. Gli appassionati del programma avranno notato una ricorrenza: una squadra parte nettamente avvantaggiata. Anche se i colori vengono assegnati in modo casuale, diciamo che è solitamente la “Brigata Blu”. Solitamente, il “capobrigata” Blu è il vincitore di una prova precedente e gode di privilegi come la scelta dei compagni (può scegliere per primo o addirittura scegliere l’intera squadra) e del menù della sfida. Tuttavia, nonostante questi vantaggi la percentuale di vittoria non è così schiacciante da far pensare a un dominio incontrastato delle Brigate Blu.

Spinto dalla curiosità, ho analizzato i dati delle prove in esterna nelle 14 edizioni di MasterChef. Su 105 prove in esterna totali, escludendo quelle individuali e alcune varianti, ne restano 65. E la Brigata Blu ha prevalso solo 38 volte (58,5%), mentre la Brigata Rossa ha vinto in ben 27 occasioni (41,5%), in qualche modo capovolgendo il pronostico. Perché, nonostante i vantaggi, le Brigate Blu non vincono in modo più marcato? Tre fattori emergono come determinanti per le vittorie della Brigata Rossa. Motivazione: Essere sfavoriti può generare uno spirito più combattivo. La tensione dei favoriti, al contrario, rischia di trasformarsi in rilassatezza o in eccessiva fiducia, elementi che possono risultare fatali in una competizione. È l’underdog phenomenon, simpatizziamo per chi è in posizione di svantaggio. È proprio la percezione di lottare contro le avversità che motiva i concorrenti più sfavoriti.

Criteri di selezione: Soprattutto nelle prime sfide esterne (se consideriamo le prime due sfide di ciascuna edizione, la Brigata Rossa vince ben nel 53% dei casi), quando i partecipanti si conoscono poco, le scelte del caposquadra Blu tendono a basarsi su simpatie personali e scelte “familistiche” piuttosto che su criteri oggettivi di competenza. Questo porta a costruire squadre apparentemente solide ma non basate sulla rispondenza di ciascuno e ciascuna ai diversi ruoli e compiti. Eterogeneità: I membri delle Brigate Rosse sono spesso gli scarti dell’altra squadra (alle volte, proprio i reietti) e formano un gruppo variegato e complementare.

Questa diversità, insieme ad una buona dose di cazzimma e all’assenza di dinamiche di familismo, rende la Brigata Rossa, anche se meno forte “sulla carta”, più coesa e determinata. In alcune occasioni questa combinazione si è rivelata addirittura schiacciante per gli avversari.
Ben lungi dall’essere una questione essenziale (questioni di geopolitica, salute e di economia del quotidiano sono sicuramente più importanti) la competizione tra le Brigate di MasterChef offre uno spunto interessante sulle dinamiche di gruppo e sulla psicologia del lavoro di squadra. La diversità, quando ben gestita, può trasformarsi in una forza straordinaria. Anche nello showcooking. Peccato che nel tentativo di “cucinare” un futuro migliore per tutti, politica e aziende, spesso lo dimentichino o lo ignorino, facendo tutti gli sbagli di una qualsiasi Brigata Blu.