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Maternità surrogata, dal governo passa un messaggio inquietante. L’ostacolo sui certificati di nascita
Con l’espressione maternità surrogata, come con quella meno dura di gestazione per altri, si intende riassumere un fenomeno complesso, dalle tante sfaccettature e ricadute nella vita delle persone coinvolte che anche quando è frutto di una scelta per tutti libera e consapevole porta con sé non semplici temi etici, sociali e, ovviamente, giuridici.
Il Parlamento italiano ha proprio in queste settimane rivisitato “una materia così complessa”, semplicemente tentando di agevolare la punizione di chi fa ricorso a tale pratica all’estero. È questo il senso della nuova previsione dell’art. 12 sesto comma della Legge 40/2004, come modificato con il DDL 824 approvato in via definitiva dal Senato il 16 ottobre scorso. Invece di affrontare con coraggio le questioni dei diritti e della attribuita rilevanza penale a tale pratica, si è voluto inviare un messaggio, che non esitiamo a definire inquietante, rinunciando a comprendere le complessità e comunque a garantire e proteggere i diritti dei bambini nati con questa tecnica.
Ci è parso utile uno sguardo di insieme sulle “leggi degli altri” per meglio comprendere l’aria che tira per un fenomeno che più che di regolamentazione ha bisogno di riconoscimento. Preziosa la scheda predisposta dall’avv. Maria Vittoria Ambrosone che consegna un quadro assolutamente disomogeneo. Legislazioni tortuose che prevedono meccanismi, in genere di ispirazione etica, che privilegiano la relazione madre biologica-figlio. Diversi sono i Paesi dove la maternità surrogata è consentita, anche in forma di accordo commerciale, poche le situazioni nelle quali, ed in esse è compreso il nostro Paese, a prevalere è la criminalizzazione tout cour.
Molte normative distinguono tra maternità surrogata altruistica e maternità surrogata commerciale. La prima si ha nelle situazioni nelle quali la donna che porta avanti la gravidanza non riceve alcun corrispettivo, la seconda quando vi è un accordo commerciale che prevede la corresponsione di un compenso; in molti Stati degli U.S.A., ad esempio, sono previste regole stringenti per la definizione della somma da corrispondere. In gran parte dei Paesi europei, dove la maternità surrogata non è consentita, per i bambini nati all’estero è possibile comunque la trascrizione del loro certificato di nascita, e così il loro riconoscimento. Ciò non avviene in Italia. Una ragione in più per affermare che la nostra legislazione non esprime un punto di equilibrio.
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