Mattanza in carcere, Ciambriello: “Volevano escluderci, saremo parte civile”

Il Ministero della Giustizia, il garante nazionale dei detenuti Mauro Palma e il garante della Regione Campania Samuele Ciambriello saranno tra le parti civili nel processo sui pestaggi del 6 aprile 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Lo ha deciso il giudice dell’udienza preliminare Pasquale D’Angelo, respingendo le argomentazioni della difesa degli agenti penitenziari e dei funzionari indagati che si erano opposti all’ammissione delle parti civili.

Lasciando l’aula al termine dell’udienza, il garante Ciambriello ha affermato: «È stata riconosciuta piena legittimazione della nostra costituzione nel processo contro tutti gli imputati dei gravi fatti di violenza commessi nel carcere di Santa Maria Capua Vetere ai danni di detenuti indifesi. Il giudice – ha aggiunto Ciambriello – ha dunque ritenuto giusti e validi gli argomenti esposti dall’avvocato Francesco Giuseppe Piccirillo che mi rappresenta, nonostante le numerose opposizioni sollevate e argomentate dai difensori degli imputati. Mi sento di apprezzare la serenità e il senso di giustizia che con questa decisione ha dimostrato il giudice D’Angelo. Continueremo nel nostro impegno, con la responsabilità di sempre, a lavorare per il garantismo e per l’affermazione della verità e della giustizia rispetto a questa dolorosa vicenda».

Questo della costituzione delle parti civili è, dunque, un nuovo step dell’iter giudiziario intrapreso dall’inchiesta sulle violenze a Santa Maria, un’inchiesta più unica che rara, per la gravità dei fatti (centosettantotto detenuti picchiati e umiliati durante tre ore di inferno, costretti a uscire dalle celle , ad attraversare un corridoio di agenti in tenuta antisommossa e armati di caschi e manganelli e a inginocchiarsi subendo botte di ogni tipo), per il numero di persone coinvolte (centootto imputati fra agenti e funzionari dell’amministrazione penitenziaria), per la tipologia di reati contestati (fra le accuse, il reato di tortura introdotto nel 2017 e per la prima volta contestato in Italia proprio in questo procedimento, oltre ad accuse a vario titolo di lesioni, falso e cooperazione nell’omicidio colposo di Lakimi Hamine, il detenuto algerino affetto da schizofrenia che fu tra coloro messi in isolamento dopo i pestaggi e morto in cella un mese dopo quel tragico 6 aprile 2020).

Saranno, quindi, 88 le parti civili ammesse al processo, fra garanti, Ministero, associazioni impegnate in difesa dei diritti dei detenuti (come Antigone, Carcere possibile) e detenuti che furono vittime delle violenze avvenute nel reparto Nilo del carcere sammaritano. Non è la sola novità. Sempre nel corso dell’udienza di ieri, 32 agenti imputati hanno presentato richiesta di patteggiamento, i pubblici ministeri si sono detti favorevoli, si attende la decisione del giudice. Si attende anche la decisione del giudice sulla proposta di citare il Ministro della Giustizia nella qualità di responsabile civile. In tal caso il Ministero figurerebbe nel processo nella doppia veste di parte lesa e di responsabile civile di quella che gli inquirenti, al termine delle indagini, hanno definito una «mattanza orribile». Una delle pagine più buie e vergognose della storia penitenziaria non solo campana ma nazionale.

Un caso che ha spinto tutti, addetti ai lavori e no, a fare una riflessione sulle condizioni davvero drammatiche in cui si vive all’interno degli istituti di pena, di certi istituti in particolare, al punto che il premier Draghi e la ministra Cartabia, qualche settimana dopo la notizia dell’esito dell’inchiesta sui pestaggi, si recarono a Santa Maria Capua Vetere per constatare di persona le condizioni di quel carcere. Ora ci si aspetta che dalle parole si passi ai fatti per evitare di dover assistere ad altre mattanze, a nuovi drammi.