"Assicurare la massima credibilità alla magistratura"
Mattarella bacchetta le toghe: “I componenti del Csm non cerchino consenso per sé o per altri”
Basta con le logiche di “scambio”. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è tornato a bacchettare i magistrati.
L’occasione per la nuova reprimenda quirinalizia è stata offerta dalla cerimonia ieri di intitolazione della sede del Consiglio superiore della magistratura a Vittorio Bachelet, vice presidente dell’organo di autogoverno delle toghe ucciso il 12 gennaio 1980 a colpi di arma da fuoco dalle Brigate rosse.
“La composizione delle diversità – è ben chiaro a tutti – non si realizza ricorrendo a logiche di scambio, che assicurano l’interesse di singoli o di gruppi. Un metodo del genere rappresenterebbe la negazione del pluralismo democratico, che ispira le nostre istituzioni repubblicane e che Vittorio Bachelet ha sempre promosso”, ha esordito il capo dello Stato, ricordando come l’allora vice presidente del Csm nel suo operato fosse sempre convinto che, nonostante le difficoltà, si dovessero ricomporre le divisioni, mettendo da parte gli interessi particolari e recuperando così “il senso più alto della politica al servizio delle Istituzioni”.
Il timore da parte di Mattarella è sempre lo stesso: un ritorno a testa alta del “Sistema” svelato dall’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati Luca Palamara e quindi dell’assegnazione degli incarichi e delle nomine in base alle peggiori logiche di spartizione correntizia.
Proprio a tal proposito, Mattarella ha voluto ricordare che i componenti del Csm si distinguono soltanto per la loro “provenienza”, avendo le medesime responsabilità nella gestione della complessa attività consiliare ed essendo chiamati a svolgere il loro mandato senza doversi preoccupare di ricercare consenso per sé o per altri soggetti.
Il Csm, per il capo dello Stato, deve essere chiamato all’impegno di contribuire ad assicurare la massima credibilità alla magistratura, tramite decisioni sempre assunte con senso delle istituzioni. “I nostri concittadini chiedono una giustizia trasparente ed efficiente: al Csm la Costituzione affida il compito di dare concretezza all’indipendenza della giurisdizione, come valore irrinunciabile della nostra democrazia”, ha precisato Mattarella che in passato era stato anche molto più duro nei confronti delle toghe.
Subito dopo lo scoppio dello scandalo delle nomine al Csm nella primavera del 2019, Mattarella aveva infatti parlato di “gravi e vaste distorsioni”, ponendo l’accento sulla “modestia etica” delle condotte tenute dai vari magistrati coinvolti nell’inchiesta che aveva poi comportato la radiazione del solo Palamara.
Ma anche gli ultimi due ministri della Giustizia, il pentastellato Alfonso Bonafede e l’ex presidente della Corte Costituzionale Marta Cartabia, anch’ella ieri presente alla cerimonia, avevano spesso evidenziato la necessità di riscoprire per le toghe valori quali “indipendenza, credibilità e imparzialità”.
Prima del capo dello Stato, comunque, aveva preso la parola il padrone di casa, il vice presidente Fabio Pinelli, a cui si deve l’iniziativa di aver voluto cambiare il nome alla sede del Csm intitolandola all’ex professore di diritto amministrativo della Sapienza, esponente autorevole del cattolicesimo sociale e uomo delle Istituzioni, fortemente calato nel contesto sociale del suo tempo e proprio per questo preso a bersaglio dai terroristi.
Come Aldo Moro, anch’egli assassinato dalle Br due anni prima, Bachelet intese interpretare un’idea alta della politica, lontana da ogni condizionamento.
“I terroristi uccidevano le persone perbene, quelle che rappresentavano la faccia credibile della Repubblica: le persone perbene erano quelle da eliminare per intimorire tutti gli altri. Bachelet stava concentrando il suo impegno di vice presidente per orientare l’azione del Csm non solo a porre rimedio alle disfunzioni della giustizia, ma soprattutto per dare impulso all’adeguamento dell’ordinamento giudiziario ai principi costituzionali e alle esigenze della società”, sono state le parole di Pinelli.
Accusato spesso di eccesso di “efficientismo”, a Pinelli, avvocato padovano e – teoricamente – eletto in quota Lega, va dato atto di aver impresso una sterzata dopo quanto accaduto nella scorsa consiliatura.
I detrattori non gli perdonano di votare qualche volta per le nomine dei direttivi, dimenticando però che i suoi predecessori facevano altrettanto, e senza grande clamore mediatico.
“Equilibrio, sobrietà di comportamenti dentro e fuori le aule di giustizia, prudenza e rigore nell’interpretazione della legge, capacità professionale sempre sorvegliata ed arricchita, sono i tratti irrinunciabili del magistrato di oggi e di domani, il corredo delle modalità di un esercizio corretto della funzione”, sono le parole d’ordine di Pinelli, secondo cui il Csm non è solo al fianco dei magistrati, ma è la “casa di tutti i magistrati”, attento alle “esigenze del servizio-giustizia in rapporto ai bisogni della collettività”.
“Organo autenticamente di rilevanza costituzionale e di alta amministrazione per il governo della giurisdizione sotto la guida del presidente della Repubblica, garanzia di equilibrio tra i poteri dello Stato in virtù della sua suprema posizione di imparzialità e neutralità”, ha poi puntualizzato in un passaggio del suo intervento Pinelli.
Basteranno queste parole? Appena il 30% degli italiani, secondo i recenti sondaggi, valuta positivamente il sistema giudiziario del Bel Paese. La maggioranza delle persone non crede che i magistrati siano “terzi ed imparziali”, come scritto in Costituzione. Anzi, molti ritengono che i giudici siano spesso “politicizzati” e che il loro operato sia oggetto di condizionamenti. Mattarella lo sa bene e non perde infatti occasione per richiamare le toghe all’ordine.
“Per essere credibile la magistratura ha bisogno di riforme e di rigenerazione etica e culturale”, aveva detto il capo dello Stato un paio di anni fa. Forse, però, al netto delle dichiarazioni di principio la soluzione è una sola: il sorteggio dei componenti togati, la cui riforma è ora in discussione in Parlamento. L’unico modo veramente efficace per recidere i legami con i territori tanto temuti dal capo dello Stato e per questo temutissimo dalle toghe.
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