Mattarella e il confronto storico tra Cecoslovacchia e Ucraina: quando resistere è eroico

Il discorso del Ventaglio del presidente della Repubblica ha assunto un significato importante ora che il mondo politico è in apnea in attesa delle elezioni americane. L’esito delle presidenziali potrebbe aprire nuovi scenari a livello geopolitico, con significative ripercussioni sul futuro prossimo dell’Europa e dei singoli paesi, in un momento di transizione dopo le elezioni del Parlamento europeo. Ma il capo dello Stato (che ha voluto riconoscere l’onore delle armi a Joe Biden) ha affrontato in via preventiva e senza ambiguità altri aspetti che non sono così pacifici in giro per il mondo ed anche in Italia. Per quanto riguarda la guerra israelo-palestinese ha voluto mettere in un ordine corretto le cause («in Medio Oriente dopo la disumana giornata del 7 ottobre e la reazione israeliana con tante migliaia di vittime»). Ma le sue parole si scontrano, trascorsi pochi giorni, contro la solita ipocrisia di quanti, dopo la strage degli innocenti del campo di calcio, criticano come escalation la reazione di Israele.

Dal patto di Monaco alla guerra in Ucraina

La parte migliore del discorso, però, ha riguardato la guerra in Ucraina, smontando una per una le argomentazioni degli pseudo-pacifisti. È una scelta dolorosa – ha affermato il presidente – dover impiegare tante risorse, che sarebbero meglio usate per altre più nobili finalità, per gli armamenti. Ma la responsabilità non può essere attribuita a chi si difende o a chi aiuta a difendersi dalle aggressioni. Poi Sergio Mattarella ha voluto dare una lezione di storia soffermandosi a lungo, rispetto alla durata complessiva del discorso del Ventaglio, sul Patto di Monaco del 1938 sullo sfondo delle analogie con la guerra in Ucraina. A mio avviso, il presidente ha voluto ricordare quell’evento come la prova che una politica di appeasement contro un palese nemico non contribuisce alla pace, ma prepara alla guerra.

L’eroica resistenza dell’Ucraina

Ma c’è un altro fatto da sottolineare: la guerra avrebbe probabilmente intrapreso un altro corso se il governo cecoslovacco – scaricato con viltà e opportunismo dai negoziatori di Monaco – avesse deciso di non arrendersi ma di combattere, anche da solo. La Cecoslovacchia disponeva di 24 divisioni in campo e di 15 di riserva; aveva delle notevoli fortificazioni; la sua industria manifatturiera (bellica) era tra le prime in Europa. Se avesse deciso di non arrendersi, avrebbe dato del filo da torcere a Hitler e messo in difficoltà le potenze rinunciatarie. L’Ucraina nel 2022 non fu incoraggiata a resistere. Tutti davano per scontato che l’operazione militare speciale del Cremlino si concludesse con successo in pochi giorni. Joe Biden assicurò a Zelensky un salvacondotto. Fu la reazione di quell’eroico popolo a scuotere l’Occidente dall’opportunismo che i governi e le istituzioni avevano dimostrato in precedenti occasioni nei confronti di Putin. Ecco, allora, una delle principali differenze con il 1938: l’insigne statista cecoslovacco Jan Masaryk si dimise per protesta contro il Patto di Monaco e riparò a Londra; l’attore/ballerino Volodymyr Zelensky fece richiesta di armi per mettere in atto quella Resistenza che dura da più di 833 giorni e che l’Anpi non ha mai voluto riconoscere.