Sarebbe una cosa abbastanza logica se il ministro della Giustizia, dopo aver letto l’intervista di Marta Cartabia a Repubblica (che pochissimi giornali hanno ripreso) si chiedesse in che modo risolvere il conflitto che si è aperto tra il ministero e la Consulta.  Non è un conflitto definibile sul piano istituzionale, ma è l’urto tra due concezioni di giustizia del tutto opposte. Quella liberale e garantista espressa dalla Cartabia e quella autoritaria e illiberale che è propria del Movimento 5 Stelle e del suo ministro. Il problema è che questa volta non si tratta della contrapposizione tra idee o posizioni politiche diverse e distanti. Che fa parte della normale dialettica politica. Perché la professoressa Cartabia non ha assunto una posizione politica, né ha espresso delle idee personali, ma ha parlato a nome della Costituzione.

E dunque ha messo sul tappeto un problema che questo giornale, da quando recentemente è nato, pone: il contrasto tra le politiche della giustizia di questo governo, e del governo che l’ha preceduto, e la Costituzione Repubblicana. Tra l’altro, se leggete l’intervista della Cartabia, vedete che uno dei problemi che apre è la costituzionalità del 41 bis. A questo punto, esclusa la possibilità che sia il ministro ad assumere l’iniziativa, ripensando almeno ad alcuni degli ultimi provvedimenti del governo in materia di giustizia, ci sono due possibilità. La prima è che ad aprire la questione siano i partiti alleati dei 5 Stelle al governo: il Pd, prima di tutti, e poi Italia Viva e Leu.

La seconda possibilità è che sia il presidente della Repubblica, e presidente del Consiglio superiore della magistratura, a prendere la parola. È evidente che la sua posizione è molto complessa. Il presidente della Repubblica deve usare prudenza nei suoi comportamenti, e deve tutelare la stabilità politica e anche il governo. Però qui ci troviamo di fronte a una questione davvero drammatica. Se – seppur con tutte le diplomazie e la buona educazione del caso – il presidente della Corte costituzionale ci fa osservare che la politica sulla giustizia del governo non è costituzionale, non si può tacere. Anche perché c’è in gioco non qualche piccola partita politica ma il futuro della nostra democrazia.