La presunta rete di fiancheggiatori del superlatitante di Cosa Nostra
Matteo Messina Denaro regna ancora, blitz a tutto campo nella caccia al Padrino: 70 indagati, 35 arresti
Cosa Nostra nel trapanese, attiva nel “più rigoroso rispetto delle regole ordinamentali” dell’organizzazione mafiosa, ancora è riferibile alla leadership del ricercato numero 1: Matteo Messina Denaro da Castelvetrano, introvabile da 30 anni. E che sarebbe comunque e ancora in grado di impartire direttive funzionali alla riorganizzazione degli assetti della suddetta provincia mafiosa. Circa 70 soggetti, 35 dei quali attinti da provvedimento cautelare emesso dal Tribunale di Palermo, sono stati destinatari di provvedimenti della Direzione Distrettuale di Palermo mentre per altri soggetti è in corso l’esecuzione di decreti di perquisizione e sequestro. Secondo le indagini una rete di fiancheggiatori.
L’esecuzione dei provvedimenti è stata messa in atto oggi, 6 settembre, dai Carabinieri del ROS e del Comando Provinciale di Trapani, con il supporto in fase esecutiva dei Comandi Provinciali Carabinieri di Palermo e Catania, del 9° Nucleo Elicotteri Carabinieri di Palermo, degli Squadroni Eliportati Carabinieri “Cacciatori Sicilia” e “Cacciatori Calabria”, nonché del 12° Reggimento Carabinieri “Sicilia”. Le accuse, a vario titolo: di associazione di tipo mafioso, estorsione, turbata libertà degli incanti, reati in materia di stupefacenti, porto abusivo di armi, gioco d’azzardo e altro, tutti aggravati dal metodo e dalle modalità mafiose.
L’indagine si muove nella più ampia manovra investigativa per arrivare a Matteo Messina Denaro, superlatitante, 60 anni, detto “u’ siccu”, “Primula Rossa” della Mafia siciliana, sparito nel nulla nel 1993, quando esplosero le bombe della Mafia a Milano, Firenze e Roma. Le sue tracce si persero dopo una vacanza a Forte dei Marmi con i fratelli Graviano. È ricercato anche all’estero per associazione mafiosa, omicidio, strage, devastazione, detenzione e porto di materie esplodenti, furto. Secondo alcune voci si troverebbe ancora in Sicilia. Secondo altre ricostruzioni si sarebbe sottoposto a interventi di chirurgia ai polpastrelli e al volto per modificare la sua fisionomia.
Messina Denaro è stato avvistato centinaia di volte, nei luoghi e nei Paesi più disparati. Gli investigatori avrebbero in mano una sola immagine recente del boss, sfocata, risalente al 2009 e registrata da una telecamera nell’agrigentino. E quindi non più così recente. Per la Direzione Investigativa Antimafia resta una “figura criminale carismatica della mafia trapanese”. Per il comandante del Ros, il generale Pasquale Angelosanto non è più il capo di Cosa Nostra ma controlla il trapanese. Deve scontare diverse condanne all’ergastolo. Dal 2011 sono state, ricorda Repubblica, oltre 140 le misure cautelari nel trapanese e 250 i milioni di euro sequestrati.
Le operazioni scattate nel trapanese seguono le indagini dei militari sul conto di esponenti di primo piano dei mandamenti mafiosi di Cosa Nostra trapanese. Da Campobello di Mazara, Mazara del Vallo e Marsala. E dai monitoraggi è emerso il ruolo di un “uomo d’onore” campobellese, recentemente scarcerato che, secondo il Giudice per le indagini preliminari, sarebbe gravemente indiziato di avere acquisito centralità in tutto l’aggregato mafioso di quella provincia, risultando in grado di esprimere una costante e trasversale autorevolezza nell’ambito di dinamiche intermandamentali, anche esterne alla provincia di Trapani. L’uomo avrebbe inoltre ricoperto una posizione di vicinanza a Messina Denaro e così avrebbe ricevuto comunicazioni per designare i referenti delle articolazioni territoriali della provincia.
Le indagini hanno ricostruito anche la successione al vertice di Cosa Nostra marsalese e acquisiti indizi con riferimento a dinamiche associative tra le province di Trapani, Palermo, Agrigento e Catania; infiltrazioni nel tessuto economico sociale con riferimento a presunti condizionamenti della libertà degli incanti, alla gestione, in forma pressoché monopolistica, del settore della sicurezza nei locali notturni e del recupero crediti; interventi finalizzati ad alterare le procedure di aggiudicazione di immobili oggetto di asta giudiziaria; presunte estorsioni in danno di aziende locali nel settore enogastronomico (tra cui una cantina vinicola) e turistico (strutture ricettive); disponibilità di armi da fuoco.
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